Dal 20 novembre 2025 al 25 gennaio 2026, il Museo della Permanente di Milano dedica a Jack Vettriano la prima grande retrospettiva italiana dopo la sua scomparsa: un percorso che riannoda i fili di una parabola artistica segnata da luci taglienti, malinconie sospese e una vocazione narrativa che ha trasformato l’immaginario popolare in un dispositivo emotivo collettivo.

Curata da Francesca Bogliolo la mostra riunisce oltre ottanta opere tra olii, lavori su carta a tiratura unica e un nucleo fotografico prezioso firmato da Francesco Guidicini, che ritrae l’artista nel suo spazio più intimo: lo studio in cui le sue figure cinematografiche sembrano nascere per stratificazione di ombre e desideri.
Più che un semplice omaggio postumo, l’esposizione diventa un’indagine sulla grammatica visiva di Vettriano, sulla sua capacità di modulare il non-detto, di trasformare ogni scena in un accadimento trattenuto. È in questo orizzonte—dove la pittura diventa un teatro dell’attesa e della proiezione emotiva dello spettatore—che si inserisce l’intervista a Francesca Bogliolo, curatrice della mostra, per approfondire la costruzione del percorso espositivo e la forza immaginativa di un artista che continua a parlare a un pubblico vastissimo, anche oltre la sua stessa presenza.

L’intervista
L’idea della mostra di contagio emotivo e intellettuale. La scintilla arriva da Rubens Fogacci di Palazzo Pallavicini che ha trasmesso questa fascinazione per Vettriano. Avevamo la consapevolezza che molti ne conoscessero le immagini, perché le sue riproduzioni sono ovunque: case, uffici, hotel, luoghi di passaggio. Eppure pochissimi sapevano davvero chi fosse. L’idea era restituire un nome, una storia, una complessità dietro quella patina così iconica.
La mostra l’abbiamo progettata con lui, quando era ancora vivo. Il fatto che sia mancato appena quattro giorni dopo l’inaugurazione ha cambiato la prospettiva emotiva del progetto: avremmo voluto che vedesse quanto il pubblico italiano lo stesse accogliendo.
La retrospettiva è articolata in due sezioni principali. Qual era l’obiettivo curatoriale nel definire questa struttura?
Ci interessava raccontare non solo l’opera, ma il motivo per cui Vettriano ha esercitato un fascino trasversale fin dagli esordi. Per me la sua forza risiede nella “sospensione dell’attimo”: la sua narrazione non si chiude mai. Non sappiamo se la scena deve ancora iniziare o se si è appena consumata. Questa ambiguità attiva una potente immaginazione nello spettatore e crea un meccanismo di rispecchiamento. È come se ognuno fosse chiamato a collocare sé stesso dentro quella cornice sospesa.
Per Vettriano l’idea di arrivare a tutti era fondamentale. Lo vediamo nelle stampe a tiratura limitata, alcune realizzate appositamente per la nostra mostra. È una postura che richiama Toulouse-Lautrec: un’arte che usa la moltiplicazione delle immagini come forma di democrazia visiva. Vettriano si sentiva un uomo privilegiato e voleva restituire qualcosa attraverso la condivisione, non l’elitarismo.
La mostra include anche il ciclo fotografico realizzato da Francesco Guidicini ritrattista ufficiale del Sunday Times. Che ruolo ha in questo racconto?
È un controcampo, uno “specchio nello specchio”. Guidicini lo ritrae nel suo studio, negli stessi luoghi e pose in cui lui a sua volta fotografava i modelli. Abbiamo ricostruito anche la sua cassettiera, per generare una sorta di mise en abyme: l’artista dentro il proprio teatro. In molte foto emerge la sua interiorità, spesso tormentata. C’è un autoritratto, che lui definiva sarcasticamente il suo volto “nell’assoluta felicità”, quasi a riconoscere che la felicità è fugace e l’equilibrio un territorio da cogliere nell’attimo in cui si manifesta.
Ha spesso dichiarato che il protagonista maschile delle sue tele è una proiezione di sé. Quanto questa dimensione autobiografica incide sulla lettura delle opere?
Incide completamente. Anche quando muta le fattezze del personaggio, la postura, l’attitudine, lo sguardo introspettivo sono i suoi. Vettriano abita le proprie scene. E la donna—enigmatica, fatale, inafferrabile—diventa un contraltare potentissimo, capace di incrinare quell’apparenza di controllo maschile che richiama il cinema anni ’30-’50, Marlene Dietrich, e certe icone di una virilità elegante ma vacillante.
La luce è un elemento narrativo decisivo nella sua pittura. Come la interpretate all’interno del percorso espositivo?
Per Vettriano la luce è rivelazione, quasi una metafora morale. Negli ultimi anni ha vissuto a Nizza proprio per inseguire una luminosità più incandescente. Nelle tele la luce è il luogo in cui la vita emerge e il buio diventa lo spazio delle ombre interiori. I contrasti che crea sono specchi dell’animo umano: la scena visibile e quella sotterranea.
Ci sono opere che, più di altre, secondo lei sintetizzano la sua visione?
Le sue “danze” sono emblematiche: due coppie che sfumano nella distanza, figure di spalle che invitano a entrare nello spazio dell’immagine. Per me rappresentano le età della vita, un invito a vivere il presente. Al contrario, la serie più sensuale non scade mai nella volgarità: è una sensualità trattenuta, un desiderio percepibile ma non esplicito. Tutto è calibrato nella soglia dell’ambiguità.
Molti titoli richiamano il mondo della musica. Quanto la dimensione musicale ha influito sul suo immaginario?
Molto. Dipingeva ascoltando jazz, e spesso i titoli sono presi da canzoni o testi musicali. La musica era per lui un contrappunto emotivo, una grammatica parallela.
Vettriano sembra sottrarre le sue scene al tempo storico, come se fossero sospese in una zona neutra. Qual è il valore di questa scelta?
Questa atemporalità consente allo spettatore di distaccarsi dalla propria quotidianità e attivare una memoria personale. La finestra, l’attesa, il gesto trattenuto: sono situazioni in cui tutti possiamo riconoscerci. Eliminando il tempo, Vettriano apre uno spazio immaginativo senza ancoraggi, e lì ognuno può proiettare la propria storia.
L’artista

Nato a Fife, in Scozia, nel 1951, Jack Vettriano ha assunto, dopo averlo leggermente variato, il cognome della madre, Vettraino, originario di Belmonte Castello nella Valle di Comino, in provincia di Frosinone.
Per il suo ventunesimo compleanno, una ragazza gli dona una scatola di colori ad acquerello e inizia a dipingere come autodidatta durante il suo tempo libero. Da quel momento inizia a copiare incessantemente gli antichi maestri, i dipinti impressionisti, le opere dei surrealisti e degli artisti scozzesi. Sviluppa uno stile personale unendo suggestioni provenienti dalla pittura di Hopper a influssi derivanti dalla cultura cinematografica e dalle affiches pubblicitarie.
Il punto di svolta avviene nel 1988, quando presenta due dipinti alla Royal Scottish Academy’s Annual Exhibition: entrambi vengono venduti il primo giorno e Vettriano viene avvicinato da diverse gallerie. Realizza la sua prima mostra personale alla Edinburgh Gallery nel 1992 dal titolo Tales of Love and Other Stories.
Viene rappresentato dalla Portland Gallery dal 1994 al 2007 e durante questo periodo realizza diverse mostre personali a Edimburgo, Londra, Hong Kong e New York, annoverando Jack Nicholson, sir Alex Fergusson e sir Tim Rice tra i suoi collezionisti.
Nel 1998, Vettriano si trasferisce a Londra, dove realizza le esposizioni Between Darkness and Dawn, Lovers and Other Stranger e Affairs of the Heart, che consacrano il suo successo. Il 2004 diviene l’anno d’oro per la carriera di Vettriano: il suo dipinto più noto, Il maggiordomo cantante, viene venduto da Sotheby’s per quasi 750.000 sterline; viene insignito di un OBE per i servizi alle arti visive e diviene il soggetto di un documentario di Southbank, intitolato Jack Vettriano: The People’s Painter. Nel 2008, Vettriano è stato incaricato di dipingere i ritratti di sir Jackie Stewart e Zara Phillips; un anno più tardi ha lanciato la casa editrice Heartbreak e l’omonima galleria. Nel settembre 2013 è stata inaugurata una grande mostra, Jack Vettriano: A Retrospectiv, alla Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow, dove erano presenti più di cento opere. La mostra ha richiamato 123.300 visitatori e ha battuto il record di presenze detenuto da una mostra di Van Gogh nel 1948.
Nel 2017 è stato uno dei tre artisti incaricati di dipingere i ritratti del comico scozzese Billy Connolly. Questi sono stati poi messi in mostra nel Palazzo del Popolo di Glasgow, mentre le immagini sono state trasferite su murales nel centro città. È stato il soggetto di un documentario della BBC trasmesso per la prima volta il 14 giugno 2017. Nel 2022 si è tenuta la mostra Jack Vettriano: The Early Years Exhibition, alle Kirkcaldy Galleries; tra le opere esposte comparivano dipinti giovanili firmati con il nome di nascita dell’artista, Jack Hoggan. Muore a Nizza nel 2025.
EXHIBITION VIEW
INFO
JACK VETTRIANO
Milano, Museo della Permanente (via Turati 34)
20 novembre 2025 – 25 gennaio 2026










