Portrait of Andy Warhol by Timothy Greenfield-Sanders_1977. Foto ©Timothy Greenfield-Sanders

KOUNELLIS | WARHOL alla Galleria Fumagalli di Milano

Fino al 29 maggio 2026, la Galleria Fumagalli di Milano ospita l’esposizione Kounellis | Warhol. La messa in scena della tragedia umana: la classicità di Jannis Kounellis e il pop di Andy Warhol.

Jannis Kounellis, Senza titolo, 2005 (dettaglio). Ferro, capelli, lame, 200x180x10 cm. Courtesy Estate of Jannis Kounellis and Galleria Continua_2.jpg

Ben lontani dal voler ridurre i due maestri dell’arte contemporanea a una medesima matrice e respingendo ogni sovrapposizione che possa appiattirne la singolare identità, l’esposizione si presenta come un’occasione di riflessione critica su Jannis Kounellis ed Andy Warhol, con le loro differenze ideologiche ed estetiche, ma anche con le loro tangenze culturali e comune tensione nei confronti della potenza e del mistero della spiritualità.

Il progetto espositivo in Galleria Fumagalli include anche un importante approfondimento presso il Museo San Fedele di Milano che ospiterà dal 12 dicembre un inedito dialogo tra l’opera permanente di Jannis Kounellis allestita nella cripta e un’opera di Andy Warhol in prestito per l’occasione. La mostra sarà arricchita da un’estesa pubblicazione che raccoglie contributi critici e memorie personali di importanti autori quali, fra gli altri, Andrea Dall’Asta SJ, Demetrio Paparoni, Gianni Mercurio, Gerard Malanga, Lóránd Hegyi, Luca Massimo Barbero, Franco Fanelli, Annamaria Maggi, Maria Vittoria Baravelli, Sandro Barbagallo, Massimo Recalcati.
Il volume si correda di un significativo apparato di immagini fotografiche autoriali e sarà presentato dopo l’apertura della mostra.

Andy Warhol, Shoes, 1981, Unique Polaroid, 10,8×8,6 cm. © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc., By SIAE 2025

L’ARTISTA

Jannis Kounellis_Galleria Fumagalli_Bergamo_2009. Foto Manolis Babousis. Courtesy Galleria Fumagalli_1

Jannis Kounellis (Il Pireo, Grecia, 1936 – Roma, 2017) e Andy Warhol (Pittsburgh, Pennsylvania, 1928 – New
York, 1987) hanno segnato in modo radicale il loro tempo, lasciando un’impronta profonda nella storia dell’arte. A un primo sguardo, sembrano incarnare due archetipi inconciliabili: l’alfa e l’omega di due visioni artistiche, due concezioni della realtà che si sono confrontate e, talvolta, scontrate. Le loro traiettorie si sono sviluppate in parallelo, ma in universi quasi distinti: Jannis Kounellis immerso nell’ombra e nel peso della materia, Andy Warhol nell’abbaglio fluorescente della superficie dell’immagine.
Eppure, oggi, a distanza da quel contesto storico — dissolte le ideologie, caduto il muro di Berlino e forse
nell’imminenza di una sua ricostruzione — appare urgente e fecondo riannodare un dialogo tra questi
due maestri. Farlo non significa solo mettere a confronto le differenze, ma soprattutto analizzare le radici
comuni di quella grande energia che ha animato un periodo irripetibile dell’arte contemporanea, nonché
sondare quel terreno comune da cui scaturì quella straordinaria stagione.
Entrambi sono espressione dell’Occidente e si sono sentiti figli di due città che, a buon diritto, possiamo
chiamare “caput mundi”: Roma, per Kounellis, nell’antichità e della cristianità; New York, per Warhol,
capitale dell’immaginario globale nel dopoguerra e motore del capitalismo. Ma entrambi mantengono un
legame profondo con le radici orientali e le tradizioni spirituali delle loro terre d’origine: la Grecia
ortodossa e mediterranea per Kounellis, e quella Slovacchia cattolica e dalle influenze bizantine che
permea l’infanzia di Warhol.
Chiunque si accosti oggi al loro lavoro si imbatte in una parola tanto ricorrente quanto insidiosa: icona.
Una parola che rischia di diventare una trappola semantica, svuotata di significato dall’uso eccessivo.
Tutto è “iconico”: ogni volto, ogni oggetto, ogni immagine. Ma per Kounellis e Warhol, l’icona non è un
semplice oggetto di culto mediatico, essa mantiene, pur in contesti esplicitamente profani, una tensione
verso il senso assoluto.
In Kounellis, questa tensione si manifesta attraverso gli oggetti del lavoro, i materiali poveri, gli elementi
primari: ferro, carbone, sacchi di iuta, cappotti, fiamme. La sua è una liturgia laica, anzi materialista, un
rito tragico in cui il dolore del mondo trova espressione nella materia stessa. In Warhol, invece, il sacro
si nasconde dietro i simboli del consumo e della celebrità: lattine di zuppa Campbell, scatole di detersivi
Brillo, volti di Marilyn o Jackie Kennedy, donne che celano con la bellezza il loro dolore. Ma dietro quella
superficie patinata si cela un’intima spiritualità, un senso del tragico che trasforma quelle immagini in
icone moderne.
Se Kounellis è ideologico, legato a una visione politica del mondo e della storia, Warhol è ambiguo,
dissimulato, ma non meno profondo. Entrambi, a modo loro, si sono rivolti alla massa, al popolo, agli
emarginati. Non c’è nulla di trionfale nei loro lavori: c’è “il povero” e “il popolo”, una rivoluzione
umanistica, che l’arte riscatta elevandola a simbolo.
La bellezza che emerge dai loro lavori è tragica, ma mai disperata. È la bellezza di ciò che resta, di ciò che
sopravvive al disincanto della Storia e del consumo. Ed è forse in questo terreno comune — la tragicità
del quotidiano, l’universalità del materiale e la rigorosa etica dell’artista — che si può trovare la chiave
per un dialogo possibile tra i due artisti.

EXHIBITION VIEW

INFO

KOUNELLIS | WARHOL
La messa in scena della tragedia umana: la classicità di Jannis Kounellis e il pop di Andy Warhol
Dal 26 novembre 2025 al 29 maggio 2026
GALLERIA FUMAGALLI
Via Bonaventura Cavalieri 6, Milano

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