Oggi incontriamo nella sua galleria Arnaldo Pavesi, storico antiquario milanese e segretario nazionale della Federazione Italiana Mercanti d’Arte.
Entrando in un ambiente ricco di oggetti esteticamente accattivanti e carichi di storia, viene da chiedersi come definire l’antiquariato. Secondo Pavesi l’antiquariato è quell’ambito commerciale che inizia con la selezione, l’indagine e la ricostituzione della storia di un oggetto o il percorso che dal titolo di un dipinto porta a certificare il nome dell’autore per scaturire nella fascinazione verso l’oggetto stesso.
L’antiquariato è il sunto di tutti questi aspetti che rappresentano la storia dell’arte mondiale.
Com’è vista la professione di antiquario oggi? E come si è evoluta?
Esiste una diffusa ed erronea percezione della figura dell’antiquario intesa dai più come restauratore brocanteur, dove la qualità dell’opera ma soprattutto la sua autenticità non è né richiesta né certificata, obbligo che invece l’antiquario è tenuto per legge a rilasciare per iscritto.
La professione di antiquario ha avuto una larga diffusione durante la seconda metà del secolo scorso, quando il boom economico italiano ha permesso un benessere anche alla fascia media della popolazione e all’identificazione del pezzo d’antiquariato come status symbol nonché al desiderio di esibirlo. Questo ha determinato una proliferazione di botteghe nei centri storici delle città. Oggi assistiamo al fenomeno inverso di rarefazione dei negozi, dovuto per lo più alla nascita di piattaforme digitali dedicate al mercato dell’antiquariato, a cui i privati si sono abituati a frequentare e parimenti alla realizzazione da parte di ogni ditta antiquaria, dei siti predisposti per segnalare novità, mostre e altri eventi sfruttando anche i social. Il contrappasso è stato l’abbandono della frequentazione delle botteghe da parte della clientela. Tutto ciò ha determinato negli anni un ulteriore cambiamento: la professione dell’antiquario si è diversificata, ogni mercante ha fatto una scelta di campo dove operare approfondendo ogni aspetto sia storico che scientifico. Chi ha deciso di dedicarsi all’argenteria studiando i materiali, i marchi e i punzoni, chi ha affrontato l’impegnativo ambito della pittura, altri quello della scultura, della grafica, dell’orologeria e di tutti gli altri numerosi campi che compongono il variegato panorama del collezionismo. Questo ha facilitato l’incrocio di richiesta/offerta con la clientela sia per vendere ma anche per comprare.
Le Mostre Antiquarie continuano a svolgere la funzione di incontro con la clientela offrendo sempre nuovi spunti d’interesse e di approfondimento come la Biennale di Firenze, Modenantiquaria, e poi Apart e Amart rispettivamente a Torino e a Milano. Quest’anno Amart sarà aperta al pubblico dal 6 al 9 novembre all’interno del Museo della Permanente.
Le nuove generazioni hanno perso interesse per l’antico a favore dell’arte contemporanea e del design, come lo spiega?
A mio parere il cambiamento dei gusti delle nuove generazioni è condizionato dal rifiuto di un modello culturale precedente, ritenuto superato e inadeguato rispetto ai ritmi di vita attuali.
Fino alla fine del secolo scorso esisteva una omologazione e una continuità di valori estetici tra genitori e figli. Oggi i giovani trasferiscono sui social miliardi di contenuti di cui è difficile anche solo prenderne coscienza, men che meno aver il tempo di valutare e nel caso apprezzare. La velocità con cui si “consumano” le idee estetiche è tale che gli artisti sono costretti a generare continuamente prodotti nuovi che durano lo spazio di un click. Tutto ciò determina una spirale di iperproduzione artistica con un inevitabile scadimento della qualità.
L’architettura abitativa odierna, per incrociare le minori disponibilità economiche dei giovani, propone appartamenti con superfici e pareti ridotte, per giunta spesso già attrezzate. Quindi le opzioni di inserimento di dipinti e mobili antichi risultano difficoltose. I problemi pratici o i costi di un’assicurazione per proteggersi dai furti, le eventuali onerosi restauri, il tempo e l’attenzione da dedicare alla pulizia, per esempio di lampadari a gocce o di tappeti, concorrono a dirottare le scelte dei giovani verso un tipo di arredamento decisamente meno impegnativo.
I clienti che si rivolgono a un antiquario cosa cercano?
Anche la clientela si è diversificata in base ai propri interessi e predisposizione estetica e a un acceso campanilismo. Negli anni si sono formate importanti collezioni, alcune si sono poi costituite in Fondazioni di Musei privati, che nel proseguo si sono avvantaggiati grazie anche a ulteriori donazioni private. Ogni apparizione sul mercato di un’opera dalle caratteristiche museali determina alle aste una lotta all’offerta più alta. Ciò ha comportato l’esclusione di buona parte dell’antiquariato d’arredo, quello che non avendo prerogative da collezione diventa un appagamento per può permettersi di collocarlo nella propria living room.
Quali iniziative sono state organizzate per suscitare l’interesse sul settore?
Ho offerto il mio contributo con due libri pubblicati da Edizioni il Ciliegio, che sono nelle librerie e negli store online dal 2021. Il primo, 13 Gocce di Cera Rossa, è un thriller sofisticato ambientato a Venezia e nella sua laguna dove il protagonista è Ludovico Boringhieri un antiquario detective. Il secondo, Il tredicesimo simbolo, mantiene il riferimento al numero 13 (che negli arcani maggiori dei Tarocchi rappresenta la carta della Morte), e Boringhieri questa volta svolge le sue indagini all’interno di un monastero dalle parti di Cortona, lo splendido borgo medievale toscano.
Inoltre, quest’anno ho proposto a FIMA, l’associazione nazionale di cui sono Segretario Generale, un concorso letterario incentrato sulla figura dell’antiquario, testimone di storia, arte e cultura. Abbiamo avuto una convincente adesione da parte di 230 autori che hanno mandato i loro racconti e il 6 novembre i primi tre selezionati dalla giuria verranno premiati.
Come mai si è dedicato così attivamente alla scrittura?
Tutto ciò è nato in seguito a una breve indagine con la quale ho accertato che nella narrativa attuale la rappresentazione più frequente dell’antiquario coincide con la vittima predestinata di loschi trafficanti o di bande criminali, oppure è descritto come un imbroglione dedito ad approfittarsi degli ingenui. In queste storie dalle atmosfere fosche e malinconiche, gli antiquari, spesso, sono solo delle comparse, per lo più vittime eliminate già nelle prime pagine dei romanzi e derubati dei loro tesori. Sono le premesse che permettono ai veri protagonisti dei racconti di subentrare, indagare e scoprire i colpevoli. E allora mi sono chiesto perché le storie dove l’antiquario agisce da protagonista positivo sono così rare? Forse perché nell’immaginario collettivo gli oggetti che commercia, passati di mano in mano per generazioni, assorbirebbero un’aura esoterica che andrebbe a permeare di mistero il suo profilo, a volte contaminandolo fino a identificarlo con quello di Dorian Gray.
Info
Pavesi Fine Art
Via Guido d’Arezzo 17
Milano




