Come si comincia? Spinti dalla passione. Perché è l’unica leva che ti può portare a fare questo mestiere… un po’ assurdo. Un mestiere che mi ha condotto a Milano dalla Puglia, e a fare il disegnatore di fumetti dopo una laurea in architettura al Politecnico.
Parole di Pasquale (Pas) Del Vecchio, oggi “matita bonelliana” di successo (ha disegnato le storie di Nick Raider, di Napoleone e poi di Tex): suo è tra l’altro proprio anche il Tex di grande formato (Lozen, nata dalla tempesta), con storia scritta da Luca Barbieri, in vendita in queste settimane.

Incontro Del Vecchio mentre (naturalmente) sta disegnando le prossime strisce di un nuovo Tex.
Un mestiere assurdo il nostro, perché talvolta capita di dover raccontare qualcosa che non ti piace, ma la passione per i disegni è sempre più forte e ti fa andare avanti.
Quali sono stati i suoi modelli stilistici, i disegnatori che più ammiri o ai quali ti ispiri?
Modelli ce ne sono, ma sovente cambiano nel corso della carriera. Perché lo stile matura con l’esperienza.
Tu hai cominciato in pratica con i fumetti della Bonelli, Tex in primis. Un personaggio che hai amato anche da ragazzo?
Certamente, Tex è sempre stato nelle mie corde, d’altronde è un mito assoluto. Poi chiaramente, con gli anni, ho amato anche altri personaggi, i supereroi per esempio, ma anche i fumetti d’autore di artisti come Munoz a Pazienza. Ho letto davvero di tutto. Ma è chiaro che Tex e i fumetti bonelliani hanno avuto una formazione importante nella mia vita artistica. Per esempio da bambino amato tantissimo Zagor, ma anche l’Uomo Ragno, e pure Ken Parker, perché mi affascinava – e mi affascina tuttora – il mondo western.
Però so che tu hai iniziato con il personaggio di Nick Raider, sempre un albo Bonelli. Come te la cavavi con il poliziesco?
Bene. Per me è stata una bella esperienza di poliziesco e noir…. ma poi sono saltato al western e li ci sto perfettamente. Vedevo da ragazzo tutti i film del genere.
Tu disegni le storie di Tex Willer, come altri autori della Bonelli, ma il “tuo personale Tex” esattamente come è fatto?
Il mio Tex è sagaligno, più dinoccolato, non è il Tex possente e muscoloso di altri. Come riferimento tra gli attori, ci metto Gary Cooper giovane o Gregory Peck. Una persona forte ma snella, e anche con una certa ironia
Quando hai proposto questa tipologia di Tex alla Bonelli come l’hanno presa?
Benissimo. Fu Sergio Bonelli stesso a chiedermi di disegnare Tex. Feci delle prove e disse che andavano bene. E così ho continuato.
Quanto pesa una critica, che arriva dallo sceneggiatore o anche da un lettore?
Dipende molto da come viene fatta questa critica, dai termini usati. È legittimo criticare.
La peggiore critica ricevuta?
Dunque…. mmmm… fammi pensare…. mi sa che l’ho rimossa.
Hai in mente una storia tua da disegnare?
Ce l’ho in mente da una vita, però ho un brutto carattere, non mi sopporto e sono così ipercritico con me stesso che alla fine, pensando di sbagliare…. lascio perdere. Dovrei essere più incosciente. Ma chissà, prima o poi…
Il tuo mito tra i disegnatori?
Senza dubbio Moebius Giraud. Scelgo questo nome perché è in testa alla mia classifica di quelli “bravi”.
Domanda finale: se incontri qualcuno che acquista o sta leggendo le tue strisce di Tex, ti fai avanti e gli dici “Sa che quelle lì le ho disegnate io”?
Ma vuoi scherzare? Nemmeno per sogno. Non ho il coraggio. Sono uno timido. Mica come Tex.