Fino al 1° marzo 2026, lo Stedelijk Museum di Amsterdam rende omaggio a uno dei più importanti fotografi olandesi contemporanei con la mostra “Erwin Olaf – Freedom”, la prima grande retrospettiva dopo la sua morte improvvisa nel 2023.
Un’esposizione monumentale che non solo ripercorre l’intero percorso creativo dell’artista, ma ne indaga la visione, la tensione etica e la ricerca estetica che hanno ridefinito la fotografia come linguaggio politico ed esistenziale.
Olaf, libero pensatore e raffinato costruttore d’immagini, ha fatto della libertà – sessuale, identitaria, intellettuale – il centro della sua opera. La mostra si apre come un viaggio nella sua mente visiva, rivelando non solo gli scatti iconici, ma anche video, sculture, materiali d’archivio e campagne pubblicitarie, restituendo un ritratto complesso di un artista che ha sempre oscillato tra la perfezione formale e la vulnerabilità umana.
Il percorso: dal reportage all’immaginario scenico
L’esposizione segue un andamento tematico e solo in parte cronologico, restituendo la coerenza di un artista in costante trasformazione.
Si parte dagli anni Ottanta, quando Olaf realizza i primi reportage in bianco e nero: scatti spontanei e socialmente impegnati che documentano manifestazioni per i diritti LGBTQ+, anticipando l’attivismo visivo che diventerà una costante della sua carriera.
Da questa radice documentaria nasce il desiderio di controllo e costruzione che porterà Olaf verso la fotografia in studio, dove la luce diventa architettura e il corpo una scena teatrale. Nelle serie Ladies Hats (1985–2022), Chessmen (1987–88), Royal Blood (2000) e Grief (2007), l’artista costruisce tableaux vivants che fondono la freddezza del barocco fiammingo alla psicologia contemporanea: ogni immagine è un palcoscenico, ogni posa un gesto di resistenza alla norma.
Bellezza, dissenso, libertà
Le opere di Olaf, anche le più seducenti, sono sempre strumenti di dissenso.
Le campagne per Aidsfonds e COC, o lavori come Fashion Victims (2000) e SM in Holland (1989), esprimono un’energia radicale, dove l’estetica glamour diventa veicolo politico. In mostra ricorre il tema del “party” come spazio di libertà e trasgressione, ma anche come rito ambiguo: nei cicli Paradise (2001) e Black Tea Party (2010) la festa è al tempo stesso liberazione e disillusione, luogo dove l’euforia si contamina di violenza e malinconia.
La libertà, per Olaf, non è mai una conquista definitiva, ma un atto di continua negoziazione tra desiderio e paura, identità e rappresentazione.
La maturità: introspezione e natura
Negli ultimi anni, la poetica di Olaf si è fatta più contemplativa, ma non meno tagliente.
Serie come Im Wald (2020) e April Fool (2020) affrontano temi contemporanei – l’isolamento pandemico, la precarietà del rapporto con la natura – attraverso composizioni di rigorosa bellezza.
Palm Springs (2018) e Shanghai (2017) decostruiscono miti culturali e ruoli di genere, mentre Muses (2023) – presentata qui per la prima volta – riflette sulla mortalità e sulla fragilità dell’esistenza, quasi un testamento spirituale.
L’ultimo sguardo: “For Life”
La mostra si chiude con un’opera incompiuta: For Life, un video lasciato a metà dopo il trapianto polmonare dell’artista.
Protagonisti, ancora una volta, i fiori, simbolo ricorrente nella sua poetica: corolle che sbocciano e appassiscono, metafora della transitorietà della vita e della bellezza.
È un epilogo intimo, quasi confessionale, in cui Olaf – il fotografo del controllo assoluto – sembra finalmente cedere alla fragilità del tempo, restituendoci un ultimo, struggente atto di libertà.
Un tributo necessario
Come sottolinea Rein Wolfs, direttore del museo,
Erwin Olaf era più di un fotografo; era un artista totale. Inserire il suo lavoro in un contesto storico e sociale permette di coglierne tutta la portata.”
Accanto a lui, la curatela di Charl Landvreugd e la collaborazione con Studio Erwin Olaf, guidato da Shirley den Hartog, offrono un percorso denso e umano, che mostra non solo le immagini iconiche ma anche ciò che le ha generate: l’ossessione per la luce, la costruzione, il desiderio, e soprattutto, la libertà di essere.
Pubblicazione e programmi
L’esposizione è accompagnata da un volume di 384 pagine edito da Hannibal Books, con saggi di Rein Wolfs, Paco Barragán, Charlotte Cotton, Jonathan Turner, Francis Hodgson e altri.
Durante i mesi della mostra, lo Stedelijk organizza incontri, lezioni introduttive, visite guidate dei Blikopeners e una Museum Night dedicata alla nightlife e all’autenticità dell’espressione individuale.
Un evento speciale, il “Party at Paradiso” del 1° febbraio 2026, riprenderà lo spirito dei leggendari thé dansants ideati dallo stesso Olaf, trasformando ancora una volta la celebrazione in arte.
L’artista
Erwin Olaf Springveld (1959–2023) è riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti fotografi olandesi contemporanei, celebrato per le sue messe in scena ricercate, l’uso inconfondibile della luce, il perfezionismo tecnico e i soggetti spesso controversi. Libero pensatore per vocazione, ha fatto della ricerca della libertà personale il motore di tutta la sua opera, diventando un fervente sostenitore dell’identità, della sessualità e del genere, del corpo umano in tutte le sue forme, della vita notturna e dei diritti di uguaglianza. La mostra, strutturata tematicamente ma con un andamento libero, ripercorre il suo impegno artistico e civile, dai primi reportage giornalistici in bianco e nero fino alla fotografia in studio, attentamente costruita e profondamente teatrale.
Exhibition View
Info
Erwin Olaf
Freedom
Fino al 1° Marzo 2026
Stedelijk Museum Amsterdam