Fino al 28 settembre 2025, la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia ospita, all’interno dello spazio CAMERA OSCURA, la mostra “Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi”, a cura di Alessandra Mauro.
Ventuno scatti del 1993 ci guidano nel cuore silenzioso della creazione morandiana, in un dialogo intimo tra due maestri della visione.

Quando, all’inizio degli anni Novanta, Berengo Gardin fu incaricato di immortalare lo studio del pittore bolognese prima del suo trasferimento a Palazzo d’Accursio, l’operazione non fu semplice documentazione: si trattava di fissare per sempre un’assenza. Non un’assenza vuota, ma quella densa e piena di presenze invisibili che abitano ancora oggi i luoghi in cui si è creato, lavorato, pensato. Lo sguardo del fotografo non è invasivo: si muove con il rispetto e la precisione di chi conosce la sacralità di certi silenzi.
Berengo Gardin entra in punta di piedi nello spazio esistenziale di Giorgio Morandi – tra il letto disfatto, il cappello dimenticato, l’eco di un gesto appena compiuto. L’impressione è quella di un tempo sospeso, dove ogni oggetto – bottiglie, ciotole, caffettiere – è molto più che un elemento di natura morta: è un frammento di tempo vissuto, testimone silenzioso di un processo creativo fatto di lentezza, rigore, ripetizione.
La scelta del bianco e nero non è casuale. Annulla ogni elemento di distrazione, esalta le geometrie domestiche, restituisce lo studio nella sua essenzialità quasi monastica. Le fotografie si fanno così meditazione visiva, rivelando l’intreccio tra spazio fisico e paesaggio mentale. Il gesto del fotografo si sovrappone a quello del pittore: entrambi osservano, isolano, compongono. La luce, trattenuta e calibrata, diventa materia pittorica.
L’allestimento perugino rafforza questa dinamica dialogica, accostando alle fotografie due opere originali provenienti dal Museo Morandi di Bologna: Natura morta (1951), un olio su tela, e Natura morta con oggetti bianchi su fondo scuro (1930), incisione all’acquaforte. In questo confronto, che è anche un passaggio da un linguaggio visivo all’altro, la fotografia non documenta soltanto, ma partecipa, entra in risonanza poetica con la pittura.
La mostra, realizzata in collaborazione con il Museo Morandi e lo Studio Berengo Gardin, è più di un omaggio: è una riflessione sul vedere, sul creare, sull’abitare lo spazio dell’arte. In un tempo in cui l’immagine tende spesso alla saturazione, le fotografie di Berengo Gardin ci ricordano la potenza del vuoto, dell’invisibile, dell’attesa. Come le stanze di Morandi, esse non si offrono subito. Vanno ascoltate, come si ascolta una voce flebile, o il rumore della luce su un oggetto amato.
L’artista
Gianni Berengo Gardin nasce a Santa Margherita Ligure nel 1930. Dopo aver vissuto a Roma, Venezia, Lugano e Parigi, nel 1965 si stabilisce a Milano, dove inizia una carriera da professionista, concentrandosi sulla fotografia di reportage, d’indagine sociale, di architettura, di descrizione ambientale.
Collabora con le principali testate italiane ed estere (Il mondo, Domus, Epoca, L’Espresso, Le figaros, Time, Stern), ma si dedica soprattutto ai libri, pubblicando oltre 260 volumi fotografici. Le sue prime foto appaiono nel 1954 sul settimanale Il Mondo, diretto da Mario Pannunzio, con cui collabora fino al 1965. Dal 1966 al 1983 lavora per il Touring Club Italiano, realizzando un’ampia serie di volumi sull’Italia e sui Paesi europei, e per l’Istituto Geografico De Agostini e numerosi reportage e monografie aziendali per le maggiori industrie italiane (Olivetti, Alfa Romeo, Fiat, IBM, Italsider).
Per circa trent’anni documenta le fasi di costruzione dei progetti architettonici di Renzo Piano.
Il suo lavoro è stato organizzato in oltre 360 mostre personali in Italia e all’estero.
Ha partecipato a Photokina di Colonia, all’Expo di Montreal nel 1967 e all’Expo di Milano nel 2015, alla Biennale di Venezia e alla celebre mostra “The Italian Metamorphosis, 1943-1968” al Guggenheim Museum di New York nel 1994. Con il supporto del FAI, ha esposto a Milano nel 2014 e a Venezia nel 2015 l’importante reportage di denuncia sul passaggio delle Grandi Navi da crociera a Venezia.
Nel 2016 la mostra “Vera fotografia. Reportage, immagini, incontri”, al PalaExpo di Roma, ne ripercorre la lunga carriera attraverso i principali reportage e oltre 250 fotografie.
Nel 2022 il MAXXI di Roma gli dedica l’ampia retrospettiva “L’occhio come mestiere”, accompagnata dall’omonimo volume. Nel 2023 una nuova serie di fotografie è raccolta nella mostra e nel catalogo “Cose mai viste. Fotografie inedite”.
Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, nel 1990 il Prix Brassaï a Parigi, dove è invitato d’onore al Mois de la Photo; nel 1995 il Leica Oskar Barnack Award ai Rencontres Internationales de la Photographie di Arles.
Nel 2008 il prestigioso Lucie Award alla carriera, già assegnato a Henri Cartier-Bresson, William Klein, Elliott Erwitt; nel 2014 il Premio Kapuściński per il reportage; nel 2017 il Leica Hall of Fame Award.
Le sue immagini fanno parte delle collezioni di importanti musei e fondazioni culturali, tra cui l’Istituto Centrale per la Grafica e il MAXXI di Roma, il MoMA di New York, la Bibliothèque Nationale e la Maison Européenne de la Photographie di Parigi, il Musée de l’Elysée di Losanna, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid.
Le Immagini
Info
Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria (corso Pietro Vannucci, 19)
Fino al 28 settembre 2025
GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Perugia, corso Pietro Vannucci, 19
www.gallerianazionaledellumbria.it