Fino al 19 ottobre 2025, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospiterà la mostra dedicata a Dorothea Lange, a cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi.

L’esposizione, composta da 140 fotografie, rende omaggio alla celebre fotografa statunitense in occasione del suo 135º anniversario di nascita. L’evento è realizzato in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, con il supporto di sponsor come Eni e FNM, e beneficia del contributo di Fondazione Banca Popolare di Milano e Mapei, mentre Trenord è travel partner. Il percorso professionale di Dorothea Lange si sviluppa principalmente tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, un periodo caratterizzato da profondi cambiamenti sociali ed economici negli Stati Uniti. In quel contesto storico, Lange si afferma come una testimone e documentarista di eventi di portata epocale. Infatti, la sua attività si trasforma in un capitolo fondamentale della fotografia documentaria, volta a catturare le drammatiche realtà che stavano vivendo le diverse componenti della società americana.
Uno dei momenti decisivi del suo percorso si colloca nel 1935, quando intraprende un viaggio insieme all’economista e sociologo Paul S. Taylor. Questa collaborazione segna non solo un incontro professionale, ma anche un rapporto personale, poiché alcuni anni più tardi Lange sposerà Taylor. Il loro viaggio ha come obiettivo principale quello di realizzare un reportage sulle condizioni di vita dei lavoratori dell’agricoltura nelle aree centrali degli Stati Uniti, duramente colpite dalla grande siccità che si protrasse dal 1931 al 1939.
Quella regione fu teatro di una delle più devastanti crisi ambientali e sociali del secolo: le Dust Bowl, un fenomeno di tempeste di polvere e sabbia che devastarono vaste aree delle pianure centrali, distruggendo raccolti, impoverendo le terre e mettendo a rischio la sussistenza di interi insediamenti rurali. Le immagini scattate da Lange durante questo periodo – che oggi costituiscono testimonianze visive di grande impatto emotivo – raccontano con immediata forza la sofferenza, la disperazione e l’umanità di coloro che furono colpiti da questa crisi. La sua capacità di catturare la dignità e la crudezza della condizione umana nelle sue fotografie fu così potente da contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere alla riflessione sulla crisi agricola e sulla povertà rurale.
L’adesione di Dorothea Lange al prestigioso programma governativo della Farm Security Administration rappresenta un momento cruciale nella sua carriera, poiché le consente di intraprendere un vasto e articolato viaggio attraverso il territorio statunitense, con l’obiettivo di documentare e rappresentare in modo approfondito le condizioni di povertà e marginalizzazione che affliggono le comunità più vulnerabili del Paese.
Nato come iniziativa congiunta per sostenere le politiche del New Deal, il programma si proponeva di sensibilizzare l’opinione pubblica e l’amministrazione federale sui drammi sociali dell’epoca, favorendo così un intervento mirato e incisivo. In questa cornice, Lange percorre le diverse regioni degli Stati Uniti, dalle fertili piantagioni di piselli in California alle vaste aree di cotone e terreno arido del Sud, dove si manifestano forme di sfruttamento economico e sociale di una brutalità spesso sottovalutata o ignorata. Questa epopea fotografica, in particolare le immagini che ritraggono famiglie di agricoltori costretti ad abbandonare le loro terre, ha influenzato profondamente anche la letteratura. A tal proposito, è significativo ricordare come le fotografie di Lange abbiano ispirato lo scrittore John Steinbeck durante la stesura del suo romanzo “Furore”.
Se si guarda alla complessità della storia contemporanea, si può cogliere una continuità nel metodo e nel pensiero di Dorothea Lange. Le sue immagini anticipano le sfide odierne: le crisi sociali, le disuguaglianze crescenti, l’emarginazione di fronte alle ingiustizie globali. La capacità di mettere in luce i lati oscuri del sogno americano si rivela dunque estremamente attuale, in un’epoca in cui le contraddizioni tra la narrativa ufficiale di progresso e le realtà spesso devastanti sono ancora più evidenti e globalizzate. Inoltre, la sua fotografia non è mai semplicemente cronaca, ma una forma di critica sociale che invita a uno sguardo consapevole sul mondo. Lange ci insegna che il racconto di un paese non può prescindere dalla capacità di mostrare anche ciò che è scomodo, oscuro o doloroso.
L’artista
Dorothea Lange (Hoboken, 1895 – San Francisco, 1965) si avvicina alla fotografia nel 1915, imparandone la tecnica grazie ai corsi di Clarence H. White alla Columbia University. Nel 1919 apre il proprio studio di ritrattistica a San Francisco, attività che abbandona negli anni Trenta per dedicarsi a una ricerca di impronta sociale e a documentare gli effetti della Grande Depressione. Fra il 1931 e il 1933 compie diversi viaggi nello Utah, in Nevada e in Arizona. Nel 1935 si unisce alla Farm Security Administration (FSA). All’interno di questo progetto epocale realizza alcuni dei suoi scatti più famosi, nonostante alcuni contrasti con Roy Stryker (a capo della divisione di informazione della FSA) in merito alle proprie scelte stilistiche. Nel 1941 ottiene un Guggenheim Fellowship (un importante riconoscimento concesso ogni anno, dal 1925, dalla statunitense John Simon Guggenheim Memorial Foundation a chi ha dimostrato capacità eccezionali nella produzione culturale o eccezionali capacità creative nelle arti). All’inizio degli anni Cinquanta si unisce alla redazione di Life e si dedica all’insegnamento presso l’Art Institute di San Francisco. Muore nel 1965, a pochi mesi dall’inaugurazione dell’importante mostra che stava preparando al Museum of Modern Art di New York. Fra le esposizioni più recenti si ricordano “Politics of Seeing” al Jeu de Paume di Parigi nel 2018 e Words & Pictures al MoMA nel 2020.
Le Opere
Info
Dorothea Lange
A cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi
Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini
Dal 15 maggio al 19 ottobre 2025