Intervista – DADA’: SMORFIOSA” è un viaggio tra tradizione, musica, fotografia, design e moda

La Smorfia Napoletana è molto più di una tradizione popolare: è un linguaggio simbolico, un gioco d’immaginazione che unisce il sogno alla concretezza del quotidiano.

È da questa ricca eredità che nasce “SMORFIOSA”, il nuovo progetto multidisciplinare di DADA’, cantautrice e artista visionaria, in collaborazione con gli artisti Attilio Cusani, Daria D’Ambrosio e Sara Ricciardi.

Una sinergia creativa tutta campana che reinventa l’immaginario della Smorfia, esplorandone il potenziale estetico e concettuale.

“SMORFIOSA” è un viaggio tra musica, fotografia, design e moda, dove l’antico si mescola al contemporaneo in un’esplosione di teatralità e surrealismo.

Al centro del progetto ci sono dodici numeri della Smorfia reinterpretati attraverso lo sguardo di DADA’ e dei suoi collaboratori: gli scatti onirici di Attilio Cusani, gli abiti visionari di Daria D’Ambrosio e le scenografie ultraterrene di Sara Ricciardi danno forma a un universo retro-futurista, dove il popolare si veste di nuovi significati, al tempo stesso ironico e poetico.

Ma “SMORFIOSA” è anche una colonna sonora, un brano scanzonato e giocoso prodotto da DADA’ con il sound design del collettivo Milano Mobster, che ne amplifica l’essenza caleidoscopica. Tra estetica innovativa e ricerca sperimentale, il progetto sfida gli schemi convenzionali per abbracciare nuove visioni, invitando il pubblico a immergersi in una dimensione creativa senza confini.

In questa intervista, DADA’ ci racconta il cuore pulsante di “SMORFIOSA”, il processo collaborativo dietro le quinte e la sua personale connessione con la Smorfia Napoletana.

L’INTERVISTA 

“SMORFIOSA” è il tuo progetto audiovisivo multidisciplinare. Come nasce e come si articola?

Rivisitare la smorfia napoletana in questa chiave è qualcosa che volevo fare da tempo; con grande entusiasmo Attilio Cusani, Sara Ricciardi e Dario d’Ambrosio hanno subito creduto alla mia visione ed è nato tutto tappa dopo tappa, dando vita a questo immaginario multidisciplinare in cui abbiamo rivisitato la tradizione, facendo leva sul campo artistico di ciascuno di noi.

In che modo hai bilanciato l’aspetto tradizionale della Smorfia con l’estetica innovativa e ultraterrena del progetto?

In realtà in maniera molto naturale. Quando creo semplicemente gioco, non c’è strategia che mi orienti, altrimenti mi blocco.
È come dire ad un bambino mentre sta giocando per i fatti suoi “No, non fare il cagnolino così”…ti guarderebbe solo malissimo e verrebbe inibito nella sua manifestazione creativa.
Sono cresciuta guardando le storiche icone sulle tabelle della tombola giocandoci a Natale con i parenti; le icone raffigurate rappresentavano proprio i numeri della smorfia napoletana e sono sempre state illustrate, seppur molto giocose e cartoon, fin troppo adulte e forse sbilanciate in un’ottica più maschile. Prima di tutto quindi ho voluto poeticizzare un po’ queste rappresentazioni, trasportarle in un altrove dove sicuramente è più integrato anche il punto di vista femminile, tant’è vero che ho colto l’occasione per mettere alcuni puntini sulle i in termini concettuali intorno a simboli tradizionali, che però da giovane donna del 2024 ora sento diversamente.

La Smorfia è carica di simboli e significati culturali. Come hai selezionato i 12 numeri da reinterpretare?

I 12 numeri che abbiamo scelto di reinterpretare insieme li abbiamo individuati sulla base semplicemente dell’istinto, dell’immaginazione; quelli che ci hanno ispirato e trasportato subito a primo impatto in una visione ben chiara e sono capitati tra questi numeri abbastanza conosciuti e ricordati da tutti, ma anche i numeri più insoliti, che però nel nostro viaggio a tappe hanno trovato nuove simbolizzazioni.

Con la Smorfia si interpretano i sogni. Mi racconti un tuo sogno ricorrente e lo interpreti?

I sogni sono una cosa molto privata e preziosa. Da quasi laureata in psicologia e da paziente in analisi junghiana credo che i sogni siano un campo di istinto e riflessione naturale, molto ampio; se aggiungiamo poi che sono napoletana e quindi avvezza a questo rimando alla smorfia per codificare i sogni alla maniera popolare… per me il sogno è proprio qualcosa di sacro.

Posso dire che il numerato ‘A JATTA, la gatta, che abbiamo rivisitato in questo progetto nasce proprio dalla frequenza con cui negli ultimi sogni ho incontrato una gatta gigante, attorno alla quale io mi muovevo quasi in miniatura ,a rappresentare forse un aspetto più femmineo che desiderava essere ricordato, riesumato e portato o alla luce.

Come ti trovi essere protagonista dei tuoi ritratti visuali?

Mah… mi trovo bene perché è il mio mondo, quindi non saprei rappresentare con un’altra persona, con un’altra sagoma quella che non posso che essere io, quello che in realtà mi appartiene e basta; sarebbe come dire “come ti trovi addosso con il tuo stesso odore”, è chiaro che a volte lo sento e a volte no e va bene così.

Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?

Comincio col dire che per me di assoluto non esiste nulla in nessun campo… i primi che mi vengono in mente in un bacino molto ampio di di artisti che stimo potrebbero essere Renato Carosone, Mango, Bjork, Tom Waits e Kimbra.

Cosa è per te l’estetica?

Vuol dire tante cose. Da adolescente studiando la letteratura tra i banchi di scuola mi interrogavo tra concetti come il bello di Winckelmann o l’estetismo con D’Annunzio e sicuramente ho capito che sono un’ esteta, che mi piace vivere la vita guardando i particolari anche estetici quindi insinuandomi tra una sorta di clima cinematografico e sappiamo che nella cinematografia è molto importante anche, soprattutto, la fotografia. 
Quindi per me l’estetica è vivere accorgendosi di farlo, è accorgersi che quella ciliegia di quella tonalità di rosso mi suscita una particolare energia vedendola nell’insieme del cesto di frutta con colori e forme che accompagnano un paesaggio, che non è solo fisico, ma anche emotivo, esistenziale.
Siamo caricature, personaggi forgiati dalle nostre stesse emozioni e dall’ambiente.

C’è un desiderio artistico che non hai ancora esaudito? 

Ce ne sono tantissimi in verità sicuramente cerco di esprimermi usando la materia e nelle vesti in cui posso farlo ad oggi; ovviamente ogni periodo e ogni mezzo artistico deve avere a che fare anche col tempo, con le possibilità, col momento giusto… a breve potrete scoprire anche un’altra veste artistica in cui mi sono impegnata tanto quest’anno e che verrà fuori in un progetto più largo.

Quali sono le parole chiave per descrivere la tua opera?

Se si intende smorfiosa per me le parole chiave sono “rosa” inteso come colore e un’altra parola chiave potrebbe essere sicuramente “divertimento” perchè è quello che abbiamo provato un po’ tutti nella realizzazione di queste piccole realtà, di queste icone sottoforma di micromondi, dove ci siamo proprio dedicati pienamente tra scenografie, sagome, vestiti ,atteggiamenti per suggerire con ironia qualcosa che ci divertiva.

Come ti definiresti in terza persona?

Mi è sempre piaciuto che mi descrivessero gli altri, per il piacere di essere esattamente o erroneamente tratteggiata dal sentire altrui; quasi un feticismo il mio.

Quindi non dico che non mi so descrivere per spruzzare falsa modestia o umiltà, perché sono d’accordo con l’ultima dichiarazione rilasciata da Manuel Agnelli secondo cui comunque l’artista è qualcuno che non ha quel grado di umiltà, intesa come voler restare in penombra, come individuo dimesso dalle cose, ma l’artista è una persona che, seppur con buoni sentimenti e puri propositi, vuole essere un po’ il centro di un fiore, anche per testimoniare qualcosa che può essere condiviso, ma che comunque parte da dal proprio ego, che non è una parola così negativa come si pensa.

Se proprio dovessi scrivere qualcosa di me in terza persona direi che sono una giovane ragazza a suo modo magnetica, ambiziosa, dolce, creativa, severa, manchevole, sciatta, cruda e con tantissimi chiaroscuro, che devo ancora scoprire o che tengo segreti, per me, perché posso dire che ho scoperto quanto siano importanti segreti.

Cosa ti fa battere il cuore?

La vita in generale, tutto ciò che vuole vivere, anche valicando la morale; tutto ciò che vuole anche morire, perché la vita implica la morte, il Bello che abbraccia il Brutto per essere bastardamente vero.
Mi fa battere il cuore l’avventato l’istinto, il naturale, tutto ciò che è bestia, inteso come l’emotivo che vuole rompere le fila e trovare connessioni in giro, quindi uno dei più grandi piaceri oltre l’arte in generale, per me, è la relazionalità, la quale è un’arma a doppio taglio, in quanto sono una persona con un alto tasso di vocazione relazionale che però si intervalla ad estremi momenti di necessaria solitudine.

Quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? E soprattutto cosa hai fatto?

Fino ad ora avevo sempre accompagnato il mio corpo con abiti molto larghi quasi a nascondere la sagoma, le forme; in questo progetto mi sono esposta per la prima volta anche senza vestiti , ad esempio di spalle nel numero 16 “o culo” sono nuda, senza propositi provocatori particolari, ma semplicemente per rappresentare qualcosa che non poteva essere altro che quel lavoro lì, quell’immagine lì: il culo è un culo.
È stata la prima volta cheto dunque esposto il mio corpo al di là del vestito, quindi del confine tra la pelle e l’esterno.

Che rischio vorresti correre oggi?

Quello che sto già correndo, ovvero essere imprenditrice a 360 gradi della mia vita, nella costruzione della mia vita e in più campi: emotivo, fisico, personale dunque e professionale; basti pensare che sono indipendente e sono direttrice artistica, produttrice esecutiva e artistica di tutto quello che creo e che pubblico.
Non mi vedete un po’ esaurita?

Ahahah ma sicuramente da sempre è stata per me priorità quella di mettermi da sola a terra le mattonelle che voglio calpestare: se visiono una strada e voglio percorrerla a modo mio è giusto che me ne occupi io, assumendomi il rischio di essere autentica protagonista, ma anche autentica responsabile dei miei movimenti e delle mie stasi.

L’ARTISTA 

Gaia Eleonora Cipollaro, in arte DADA’, è nata a Napoli nel 1995. Dopo essersi presentata sulle scene musicali nel 2021 con la trilogia di singoli “Jesche”“Siènte ‘e rrise” “Avena”,  nell’estate dello stesso anno pubblica il brano “Gianna Oh” insieme al producer Dashiki, un pezzo che trasuda sensualità e semplicità allo stesso tempo e di cui vengono realizzati una serie di remix internazionali nei mesi successivi.

Il 2022 si apre invece con la pubblicazione dei singoli “Cavala” e “Tiè Tiè”. A luglio pubblica il brano “Aumm Aumm” con gli Ackeejuice Rockers e poche settimane più tardi apre il Jova Beach 2022 di Castel Volturno. Partecipa all’edizione 2022 di “X Factor”, entrando a far parte del roster di Fedez e colpisce fin da subito giudici e spettatori grazie alla sua innata capacità di unire il cantautorato napoletano alla musica elettronica in un qualcosa che molti hanno definito un nuovo genere musicale, che strizza l’occhio alla world music e si alimenta di tantissime contaminazioni sonore.

A giugno pubblica il suo primo EP “Mammarella”, un progetto musicale unico nel suo genere, di cui l’artista ha svelato i brani che lo compongono di settimana in settimana e a cui ha fatto seguito un tour ricchissimo di date. A coronare un anno ricco di successi e soddisfazioni, l’ottenimento del “Premio Carosone 2023” e del “Premio San Gennaro World 2023”, per cui la cantautrice ha anche firmato la sigla ufficiale con il brano “San Gennaro Groove”.

IL BACKSTAGE 

LE FOTOGRAFIE 

credits:
Da un’idea di DADA’
Prodotto da DADA’, MAVE MGMT, Borotalco Tv
Foto di Attilio Cusani
Ass. fotografia: Federico Terenzio
Scenografie di Sara Ricciardi
Abiti di Daria D’Ambrosio
Visual Backstage: Mattia Incardona
Hair: Giuseppe Cerella
MUA: Federica Russo
Studio: EvolutionRentv
Management DADA’: MAVE MGMT

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