“Emanuele Cavalli e la Scuola romana: attraverso gli archivi” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma

La mostra “Emanuele Cavalli e la Scuola romana: attraverso gli archivi”, a cura di Manuel Carrera che si svolge alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, documenta un periodo cruciale della storia dell’arte del Novecento, quello dell’Italia tra le due guerre, attraverso lo sguardo di uno dei suoi protagonisti: Emanuele Cavalli (Lucera 1904 – Firenze 1981).

Autore insieme a Giuseppe Capogrossi e Roberto Melli del “Manifesto del Primordialismo plastico”, il
pittore e fotografo con la sua pittura tonale si fece interprete di un nuovo modo di intendere la figurazione
che segnò un’epoca.

La recente donazione del suo archivio alla Galleria Nazionale da parte della figlia Maria Letizia offre uno
sguardo inedito sul suo universo artistico e umano, costellato dagli intrecci con alcune delle più influenti
personalità del suo tempo. Diari, lettere e documenti raccontano il sodalizio con – tra gli altri – Felice Carena,
Fausto Pirandello, Giuseppe Capogrossi, Corrado Cagli, Roberto Melli: i protagonisti, cioè, della cosiddetta
“Scuola romana”, definizione coniata dal critico Waldemar-George nella presentazione
di una mostra tenuta a Parigi nel 1933 da Cavalli, Cagli, Capogrossi e Ezio Sclavi.

In mostra, oltre ad una selezione dei documenti più significativi dell’archivio di Emanuele Cavalli, sono
esposti alcuni dei dipinti, di cui i diari e gli appunti raccontano la lunga gestazione creativa. L’evoluzione della
pittura di Cavalli è poi scandita in esposizione mediante il confronto con capolavori dei colleghi
a lui più vicini, provenienti da raccolte private e dalle collezioni della Galleria Nazionale. Una particolare
attenzione viene inoltre dedicata all’attività di fotografo di Emanuele Cavalli, tra fotografie artistiche
connesse al suo immaginario pittorico e istantanee di vita quotidiana con protagonisti i suoi sodali.

IL PERCORSO DELLA MOSTRA

Il percorso, diviso in tre sezioni, è arricchito da documenti provenienti dagli archivi di altre personalità
conservati dalla Galleria Nazionale, come quelli di Giuseppe Capogrossi e Rolando Monti, che si collegano
direttamente a quello di Emanuele Cavalli permettendo così di ricostruire le rispettive corrispondenze.
La sezione introduttiva affronta l’esordio di Emanuele Cavalli nel mondo dell’arte sotto l’ala di Felice Carena,
presso il quale studiò pittura a partire dal 1921 dividendosi tra Roma e Anticoli Corrado.
I documenti d’archivio in questa sezione – diverse le lettere di Carena sia nel fondo Cavalli, sia negli altri fondi
nell’archivio storico della Galleria Nazionale d’Arte Moderna – testimoniano l’influenza del pittore piemontese
sui giovani romani. Si metterà quindi a confronto l’evoluzione della pittura di Emanuele Cavalli con quella
dei colleghi della “Scuola romana” a lui più vicini. Le opere sono accostate tra loro per evidenti analogie
compositive e iconografiche, ma anche per metterne in luce le differenze. Oltre a dipinti, disegni e fotografie,
in questa sezione della mostra verranno presentati i diari dell’artista, alcuni dei suoi scritti più significativi (tra
lettere e appunti) e i cataloghi delle mostre a cui partecipò assieme ai suoi colleghi negli anni ’30 – al culmine,
cioè, della ricerca “tonalista”.

Sullo studio delle infinite declinazioni dei colori, o meglio, dei toni, Cavalli concentrerà gran parte delle
sue energie a partire dai primi anni Trenta, coadiuvato da Capogrossi, Cagli e Roberto Melli (e più ampiamente
da altri pittori, Fausto Pirandello in primis, sebbene quest’ultimo rifiuterà sempre la purezza classicheggiante
perseguita dai suoi colleghi). Nella seconda sezione della mostra, con l’ausilio di documenti e raffronti,
verranno indagati la pittura tonale di Cavalli, le sue origini e i suoi esiti.Tale era la portata teorica delle loro
ricerche in pittura da infondergli l’esigenza di stilare un manifesto, a cui lavorarono a lungo, non senza
incorrere in dissidi: nacque così il Manifesto del Primordialismo Plastico, datato 31 ottobre 1933 e firmato
da Cavalli, Capogrossi e Melli, quest’ultimo nelle vesti di critico d’arte. Alla lettura del testo si comprende
quanto al colore fosse affidato un ruolo centrale e quanto esso fosse strettamente connesso alla costruzione
delle forme, dei volumi e, più in generale, all’equilibrio della composizione. Tipica di Cavalli sarà la ricerca di
corrispondenze tra forme e colori, oggetti e soggetti, e proprio in quest’ottica va letta la volontà dell’artista
di individuare connessioni tra i toni della pittura e quelli della musica. L’apice di tali ricerche è costituito
dalla serie di nove dipinti – che in questa sede verrà parzialmente ricostruita – presentata alla Quadriennale
romana del 1943: la sfida che Cavalli rivolgeva a se stesso era quella di riuscire ad armonizzare i valori tonali, in
chiave dichiaratamente musicale, con la rappresentazione concreta della figura umana. Il limite del ritratto gli
imponeva quindi di accordare le variazioni cromatiche ai toni dell’incarnato, cioè l’unico colore che accomuna
tutte le opere della serie. Sarebbe tuttavia inesatto considerare le opere della serie delle armonie di colori
meri esercizi di ricerca estetica. Non è infatti secondaria, nei dipinti, la componente psicologica: con ogni
variazione di tono Cavalli suggerisce efficacemente una sensazione o uno stato d’animo, dando prova così di
una fine capacità introspettiva.

La sezione conclusiva della mostra intende offrire uno sguardo sull’attività di fotografo di Emanuele
Cavalli, indagando le connessioni con le ricerche da lui condotte in pittura. Ritratti, paesaggi e nature
morte tratteggiano il profilo di un fotografo con una piena padronanza dello strumento e uno sguardo
sorprendentemente moderno, tale da suscitare in tempi recenti un rinnovato interesse da parte della critica.

La mostra che la Galleria Nazionale dedica a Emanuele Cavalli si inserisce in un contesto di valorizzazione
e celebrazione dell’opera dell’artista, a quarant’anni dalla morte, che vede la presenza di due ulteriori mostre
in diverse istituzioni museali, realizzate con il patrocinio della Galleria Nazionale e del Museo Laboratorio di
Arte Contemporanea dell’Universitá Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Associazione Emanuele Cavalli:
la mostra Noi e l’immagine. Emanuele e Giuseppe Cavalli fotografi, a cura di Arianna Laurenti, Ilaria Schiaffini
e Alessia Venditti, presso il MLAC (9 febbraio – 9 marzo 2022) e la mostra Emanuele Cavalli fotografo: gli anni
di Anticoli Corrado (1935-45), a cura di Ilaria Schiaffini, in programma presso il Civico Museo d’Arte Moderna
e Contemporanea di Anticoli Corrado (12 marzo – 26 giugno 2021).

L’ARTISTA

Emanuele Cavalli nasce a Lucera, in provincia di Foggia, il 29 novembre del 1904. La sua è una famiglia
facoltosa, da sempre appassionata d’arte e di storia. Per questo incoraggia la sua vocazione artistica, che
comincia a manifestarsi già durante il periodo della formazione scolastica presso il prestigioso collegio dei
gesuiti di Mondragone.
Giunto a Roma nel 1921, frequenta in un primo momento i corsi del Museo Artistico Industriale, ma ben
presto li abbandona per seguire l’insegnamento – più libero e stimolante – del pittore piemontese Felice
Carena, allora uno dei pittori più acclamati. Nel 1922 il maestro apre agli Orti Sallustiani una scuola d’arte,
insieme ad Attilio Selva e Orazio Amato, che nei mesi estivi si sposta ad Anticoli Corrado. Cavalli è tra i primi
iscritti, insieme, tra gli altri, agli amici Fausto Pirandello e Giuseppe Capogrossi, suo sodale per molti anni.
Nel 1928 Cavalli è a Parigi: lì scopre la grande arte contemporanea e ha modo di studiare da vicino i
capolavori di Cézanne, che lo influenzano profondamente. Tuttavia, all’inizio degli anni Trenta il suo linguaggio
pittorico risulta già maturo e personale e la lezione dei maestri cede il posto all’assimilazione dello studio
della pittura antica, dagli affreschi pompeiani ai “Primitivi” e Piero della Francesca. Quando nel 1933 espone
a Parigi in una collettiva insieme a Capogrossi, Corrado Cagli ed Ezio Sclavi, il critico Waldemar-George parla
per la prima volta di “Scuola di Roma”, coniando così un’espressione che rimarrà per sempre legata alla fama
di Cavalli. Nello stesso anno firma, insieme a Capogrossi e Roberto Melli, il “Manifesto del Primordialismo
Plastico”, importante testo in cui si teorizza un nuovo modo di concepire la pittura.
Tra gli anni Trenta e Quaranta, l’artista è al culmine del successo e dell’ispirazione: realizza grandi
composizioni a più figure, nudi, ritratti, paesaggi e nature morte, accomunati da un modo di intendere la
pittura squisitamente musicale e da un’atmosfera sospesa di “realismo magico”, fortemente connessa
all’interesse che coltivava da molti anni per la cultura esoterica. Nel 1935 si trasferisce da Roma ad Anticoli
Corrado insieme alla moglie Vera Haberfeld. Qui Cavalli, pur in una sorta di isolamento dovuto alla sua ostilità
alla politica fascista, vive e lavora attorniato da amici, colleghi e influenti personalità dell’arte e
della letteratura, da Celestino Celestini a Luigi Pirandello.
Finita la guerra, Cavalli si trasferisce a Firenze, dove insegna pittura all’Accademia di Belle Arti.
Qui mette a frutto anche le sue competenze nel campo della fotografia, ottenendo un incarico dagli Uffizi.
Nonostante l’arte a lui contemporanea stesse prendendo altre strade, abbandonando la pittura figurativa a
favore dell’informale, Cavalli rimase fino alla fine fedele a sé stesso, proseguendo nella sua lunga ricerca sulle
varietà dei toni in rapporto ai valori musicali della pittura e alla scansione ritmica delle forme geometriche.
Muore a Firenze il 15 marzo del 1981.

Negli anni Settanta e Ottanta, oltre a proseguire le collaborazioni con Nuova Consonanza – per la quale
cura diversi materiali a stampa, la struttura a cupola per il Festival del 1977, e la parte visiva di ecLIPSe
di Walter Branchi e Renato Pedio per il Festival del 1978 – porta avanti il suo impegno in ambito teatrale in
spettacoli diretti da Marco Parodi, Virginio Gazzolo, Gennaro Magliulo, Ida Bassignano, Gigi Proietti,
e collabora al film di Calenda Il giorno del furore (1973). Negli stessi anni si dedica, inoltre, all’insegnamento
in diverse istituzioni: Scenotecnica e Scenografia all’Accademia di Belle Arti di L’Aquila (1970-78),
Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Carrara (1978-79) e Scenografia all’Accademia di Belle Arti
di Firenze (1979-89); inoltre lavora come scenografo anche in alcune produzioni televisive.

INFO

Emanuele Cavalli
e la Scuola romana: attraverso gli archivi
Sala Aldrovandi
Fino al 20.03.2022
Galleria Nazionale d’Arte
Moderna e Contemporanea
viale delle Belle Arti 131
Roma

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