Helen-Cammock_Chorus-1_2019_©Helen-Cammock

Time for Women! Empowering Visions: Vent’anni di Max Mara Art Prize for Women a Palazzo Strozzi

Da oggi, 17 aprile e fino al 31 agosto 2025, Palazzo Strozzi a Firenze ospita la mostra Time for Women! Empowering Visions in 20 Years of the Max Mara Art Prize for Women, un omaggio straordinario a vent’anni di creatività e innovazione al femminile.

Il Max Mara Art Prize for Women è uno dei premi più prestigiosi dedicati a supportare e valorizzare il talento delle artiste che si identificano nel genere femminile, e questa mostra celebra i suoi venti anni di storia.

Organizzata in collaborazione con la Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione si svolge negli spazi della Strozzina, dove le opere delle nove vincitrici del premio dal 2005 a oggi sono protagoniste assolute. Le artiste, scelte per la loro ricerca innovativa e la loro capacità di riflettere su temi cruciali come identità, memoria, corpo, politica e società, presentano lavori che spaziano tra video, installazioni, sculture e opere a parete. Ogni progetto si inserisce nel contesto della lunga residenza che le vincitrici hanno vissuto in Italia, momento cruciale del premio, dove hanno potuto immergersi nella cultura, nella storia e nelle tradizioni italiane, e dove hanno sviluppato nuovi lavori, ispirati dalle loro esperienze nel paese.

Le protagoniste

Protagoniste della mostra sono: Margaret Salmon (n. 1975, Suffern, NY); Hannah Rickards (n. 1979, Londra, UK); Andrea Büttner (n. 1972, Stoccarda, DE); Laure Prouvost (n. 1978, Lille, FR); Corin Sworn (n. 1976, Londra, UK); Emma Hart (n. 1974, Londra, UK); Helen Cammock (n. 1970, Staffordshire, UK); Emma Talbot (n. 1969, Stourbridge, UK) e Dominique White (n. 1993, Rochford, UK)

La mostra rappresenta una riflessione sul percorso di crescita di queste artiste, che all’epoca della loro nomina erano emergenti e oggi sono affermate sulla scena internazionale. Ogni lavoro si inserisce in un racconto che spazia da temi legati alla commedia dell’arte alla maternità, dal Grand Tour alla mitologia, fino alle narrazioni dimenticate dell’antichità.

La direttrice della Collezione Maramotti, Sara Piccinini, in apertura della mostra ha sottolineato come il Max Mara Prize for Women sia un’istituzione unica nel suo genere, che non solo offre alle artiste un riconoscimento economico, ma soprattutto un periodo di residenza in Italia, durante il quale le vincitrici possono approfondire la loro ricerca e sperimentare nuove forme di espressione.

Un’opportunità che le accompagna nel loro percorso creativo, mettendo loro a disposizione tempo, spazio e supporto, elementi fondamentali per lo sviluppo di progetti ambiziosi.

Le nove artiste premiate negli anni hanno avuto accesso a un’esperienza unica: un viaggio che le ha portate a esplorare la cultura, la storia e la geografia dell’Italia, ma soprattutto a confrontarsi con il patrimonio artistico e le tradizioni locali. Un’opportunità che ha consentito loro di creare opere che, pur partendo da linguaggi molto diversi, condividono la stessa capacità di interrogare la realtà, di esplorare la memoria e di reinterpretare la visione del femminile.

La mostra celebra questi percorsi artistici attraverso una selezione di opere che spaziano tra video, installazioni, sculture e progetti multidisciplinari, ciascuna delle quali rappresenta una tappa fondamentale nella carriera delle vincitrici.

Tra queste, il lavoro di Margaret Salmon, che nel 2005 ha riflettuto sulla maternità e sulla solitudine quotidiana con il video Nina Nanna, una riflessione di una madre contemporanea, che sfida la rappresentazione idealizzata della maternità. Una riflessione delicata ma potente, che ha trovato il suo fondamento in una Firenze che, fin dai tempi del Grand Tour, è stata meta di tanti viaggiatori in cerca di ispirazione.

Hannah Rickards (2007-2009) con “No, there was no red” ha esplorato il rapporto tra ambiente naturale, suono e linguaggio, affrontando il fallimento della lingua nel descrivere gli eventi naturali attraverso un’installazione immersiva che gioca con la percezione e l’interpretazione della realtà. La sua ricerca, che si concentra sull’interazione tra percezione sensoriale, suono e significato, si traduce in una riflessione sulla distanza tra l’esperienza e la sua rappresentazione verbale.

Andrea Büttner (2009-2011) in “The Poverty Of Rich” ha trasformato lo spazio espositivo in una meditazione sulla povertà volontaria che invitano alla contemplazione. La sua riflessione sulla condizione dell’arte contemporanea e il suo dialogo con il sacro ha preso forma in un’installazione che ha attraversato la sacralità delle chiese fiorentine, rivisitando il concetto di umiltà e religiosità.

Laure Prouvost (2011-2013) ha concepito Farfromwords, un’installazione immersiva, dove collage, video, stampe fotografiche e graffiti dialogano in un flusso visivo continuo e surreale. All’interno della mostra non è stato possibile riproporre l’installazione per motivi di spazio. L’opera si apre a una dimensione immersiva e sinestetica, culminando nella proiezione del film Swallow (2013), dove immagini luminose e sensuali – bocche, abbracci, cieli azzurri, uccelli in volo, erba fresca – si alternano al respiro ipnotico di una bocca, in un’esperienza che mescola desiderio, natura e memoria.

Corin Sworn (2013-2015) ha realizzato Silent Sticks, un’installazione multimediale ispirata a un caso cinquecentesco di impostura e identità fittizie. L’opera, che combina video, suoni, oggetti di scena e costumi prende le mosse dal testo Il teatro delle favole rappresentative di Flaminio Scala. Sworn riflette sul valore estetico del travestimento, interrogandosi sul legame tra costume e identità, tra gesto e linguaggio, tra teatro e cinema. Attraverso riferimenti alla Commedia dell’Arte, l’artista esplora i giochi di ruolo e le ambiguità sociali di ieri e di oggi, restituendo un’indagine visiva raffinata sull’instabilità del soggetto e sul potere trasformativo della messa in scena

Emma Hart (2015-2017) ha presentato una grande installazione, Mamma Mia, che si rifletteva sulle tradizioni artistiche italiane, e in particolare sul disegno e la ceramica. Il suo lavoro ha esplorato la psicologia dei comportamenti attraverso una serie di forme e simboli che parlano dell’intimità e delle dinamiche familiari. La sua ricerca mette in luce il linguaggio visivo come un mezzo per esplorare e comprendere la realtà emotiva e relazionale.

Helen Cammock (2017-2019) con “Che si può fare” ha lavorato sulla creazione di un “collegamento visivo e sonoro” tra il barocco e il contemporaneo, creando una forte atmosfera emotiva che mescola storia e attualità. Le sue opere sembrano sfidare la separazione tra passato e presente, unendo le tradizioni artistiche a nuove modalità di espressione.

Emma Talbot (2019-2022) ha trasformato una delle opere di Gustav Klimt, The Three Ages of Woman, in una riflessione sulle pratiche di cura e sulla permacultura, sviluppando una visione del femminile che sfida la rappresentazione convenzionale della donna anziana come figura di passività e fragilità. La sua installazione esprime una nuova narrazione di empowerment, incentrata sul rispetto per la natura e il ciclo vitale.

Dominique White, vincitrice del premio nell’ultima edizione ha creato opere che esplorano la potenza simbolica del mare, con un lavoro che si ispira al concetto di deadweight tonnage, tipico della stabilità delle navi. La sua riflessione trae ispirazione dal simbolismo e dal potere trasformativo del mare e prosegue l’interesse dell’artista per la creazione di nuovi mondi attorno al concetto di “Blackness”.

Ogni opera presentata in questa mostra, pur nella sua diversità, racconta storie di resilienza, di lotta e di trasformazione. Le artiste del Max Mara Prize for Women hanno utilizzato materiali, storie e tecniche diverse per affrontare temi universali come la memoria storica, il rapporto con la natura, la vulnerabilità, la maternità, la violenza e l’empowerment. Ogni lavoro è un tassello di una narrazione più grande che, attraverso l’arte, dà voce alle esperienze femminili in tutta la loro complessità e bellezza.

Il premio

Il Max Mara Art Prize for Women è stato istituito nel 2005 da Max Mara Fashion Group in collaborazione con Whitechapel Gallery, e ha visto la Collezione Maramotti entrare come partner nel 2007. Il premio è stato pensato per supportare le artiste emergenti con base nel Regno Unito, offrendo loro la possibilità di intraprendere una residenza di sei mesi in Italia, periodo in cui le artiste hanno potuto approfondire le loro ricerche, acquisire nuove competenze e produrre nuove opere. Al termine della residenza, le opere finali sono state esposte in due tappe: prima alla Whitechapel Gallery di Londra e poi alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, che ha acquisito i progetti vincitori nel corso degli anni.

Exhibition View

Info

Time-for-Women-2025

Time for Women!
Empowering Visions in 20 Years of the Max Mara Art Prize for Women
fino al 31 agosto 2025
Palazzo Strozzi – Firenze

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