O meglio, senza esseri umani. La solitudine va esplorata e per farlo ci vuole tempo . La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo diceva Giacomo Leopardi, come dargli torto.
Ormai il nostro vocabolario ha reso innominabili alcune parole, per esempio “quarantena”.
Nessuno vuole ritornare al pensiero di quel periodo di costrizione e le sensazioni legate a quello.
Ci eravamo tutti detti che saremmo diventati migliori, ma poi Temptation Island ha avuto la meglio sui nostri buoni propositi.
Ora è estate e tornare alla vita di prima, quando eravamo liberi e vogliamo tutti sfogare le nostre paure con apnee subacquee con l’idea di essere pesci, bungee jumping con l’idea di essere uccelli, passeggiate a cavallo con l’idea di essere indiani d’America.
Ritorniamo a sentire il mondo come l’avevamo lasciato, il quale stava decisamente meglio senza di noi.
L’erba, l’acqua, le cicale di giorno e i grilli di notte. E poi c’è chi balla, chi si ubriaca e torna a fare l’amore.
Quello però è facile, dico, lo sanno fare tutti..
Trovare la pace nella solitudine è più complicato, per ora c’è riuscito solo il Dalai Lama e Woody Allen.
Che sensazione si prova a tornare a casa? Quel luogo che ci ha vissuto per così tanto tempo i mesi scorsi.
Ci ha visto parlare da soli, scoppiare a piangere e poi ridere, sicuramente ci ha visto ballare in modo al quanto discutibile e cucinare giorno e notte come nei migliori ristoranti.
Per questo siete qui con me oggi.
Sono tornata a casa dopo il mio primo viaggio e sembra strano a dirlo ma quanto mi era mancata.
Non sai quello che hai finché non lo perdi, dice non mi ricordo chi. I libri, le chitarre e le mie piante!
Dico mie perché me ne prendo cura io anche se so benissimo che la loro vita andrebbe avanti anche senza di me..
A tal proposito, una lettura consigliatami da Alessandro Raina, che io consiglio a voi, e che voi a vostra volta consiglierete è: «L’incredibile viaggio delle piante» e «La nazione delle piante» che contiene una singolare ipotesi di Costituzione immaginata sui «valori» del mondo vegetale. Stefano Mancuso e la vita segreta delle piante.
Voi vi starete domandando perché una cantautrice si mette ora a parlarci di piante.
Fate bene.
Volevo raccontarvi cosa ho imparato osservandole in questo periodo traendo ottime idee per scrivere canzoni più felici del solito e ascoltando la mia vera anima senza il rumore attorno.
Il direttore del laboratorio Internazionale di Neurobiologia vegetale pensa che “ sono organismi pionieri: viaggiano e reagiscono al cambiamento del clima innalzandosi per cercare il fresco” adattandosi un po come noi..
Le piante viaggiano, dormono, prendendo tutto ciò di cui hanno bisogno dalla luce del sole e l’acqua, non hanno
necessità di sopraffare per vivere.
Questa è la parte che preferisco, perché a differenza degli altri esseri viventi le piante per nutrirsi e vivere non devono prevaricare sugli altri, anzi, solitamente hanno un grande senso di comunità. Pensate ad un bosco, le più forti coprono le più deboli e così via.
Essere antropocentrici non ha portato grandissimi vantaggi siete d’accordo, tanto che diciamo “in stato vegetativo” per dire quando siamo prossimi all’inorganico, alla fine. Ma non è così. Se guardiamo alle piante da questo punto di vista, non le capiremo mai.
Dobbiamo pensare con il corpo e con l’anima o non pensare affatto.” scriveva la filosofa Hannah Arendt.
Ho deciso di scrivere le mie nuove canzoni così con l’anima e spegnendo il cervello. Per qualche minuto attraverso la meditazione ci riesco, anche se la strada è ancora in salita.
Mi piace fare fatica e poi fermarmi a guardare quanta strada ho fatto.
Ho aperto la porta di casa mia ad una ragazza, Maria Giulia Costanzo armata di rullini, ottiche e macchina fotografica per condividere con voi la mia dimensione. Il parquet scricchiola mentre mi chiede di stendermi vicino alle piante .
I cactus formano un difficile percorso a ostacoli prima di trovare il pavimento.
E’ caldo, le offro da bere tra uno scatto e l’altro anche se presa dalla voglia di scattare si dimentica del bicchiere
stracolmo di acqua gelata. Le faccio sentire una nuova canzone scritta da poco dove il disegno di batteria era da
sistemare mentre mi fotografa, e mi dice che le piace. Dice che ha sonorità inaspettate. Non vorrebbe fermarsi mai, vorrebbe continuare a fotografare tutto il giorno.
Ci sediamo sul divano dopo qualche ora e apriamo la collezione di scatti di una vita che Lynn Goldsmith ha dedicato a Patty Smith uscito in edizione speciale per Taschen.
Le racconto di quella volta che mi ha invitata a suonare con lei sul palco “People have the power” e con gli occhi pieni di meraviglia ci salutiamo.
Ricordati che ti ho invitata a cena, per non restare sole, almeno stasera…
ABOUT MARIANNE MIRAGE
Marianne Mirage, all’anagrafe Giovanna Gardelli (Cesena, 19 ottobre 1989), è un’artista italiana, la cui formazione l’ha portata a esprimersi come cantautrice in italiano, francese ed inglese. Dalle influenze del padre pittore, al precoce gusto per la musica black, soul e per le grandi voci del jazz internazionale, fino alla laurea in Lettere e Filosofia.
Dopo una intensa gavetta viaggiando e suonando con diversi musicisti internazionali nei teatri e nei locali di Londra, Parigi, Berlino, Istanbul, Tokyo, New York e Barcellona firma un contratto come autrice e cantante per l’etichetta Sugar.
Nel 2016 pubblica “Quelli Come Me”, l’album di debutto. É un disco autobiografico, un inno alle battaglie quotidiane e alla lotta per un’idea. E’ conosciuta per la hit radiofonica “Le Canzoni Fanno Male”, presentata al Festival di Sanremo 2017 è stata scritta e composta per Marianne Mirage da Kaballà e Francesco Bianconi (Baustelle). Nel 2016, Marianne ha suonato all’evento di lancio del prodotto Surface di Microsoft a Milano.
Le sonorità che Marianne Mirage ripropone dal vivo sono una batteria soul, un basso groove e la sua chitarra. Un intenso tour l’ha vista aprire i concerti di importanti e diversi artisti quali Benjamin Clementine, Kiesza, Brunori Sas, Patty Pravo, Tiromancino, Jessie Gleen (per Vogue Magazine).
E’ stata l’artista che ha aperto i concerti italiani di Patty Smith. E’ stata la leggenda americana in persona a scegliere Marianne Mirage dopo averla vista in un video in cui cantava il gospel anni ’20 “Jesus Loves me” accompagnandosi alla chitarra.
In occasione della New York fashion week Marianne Mirage è stata invitata da Desigual come artista, performer e volto italiano per il brand spagnolo.
Di ritorno in Italia, Marianne Mirage ha scritto, cantato e pubblicato “The Place”, una canzone realizzata su personale richiesta del regista Paolo Genovese per la colonna sonora del suo ultimo film, l’omonimo “The Place”, campione di incassi della stagione autunnale. Il brano da lei composto e cantato è stato nominato ai David di Donatello come miglior canzone originale, e in seguito ha ottenuto anche una nomina ai Nastri d’Argento.
Recentemente il regista Pupi Avati ha scelto “Corri”, una canzone scritta e cantata da Marianne per il suo film “Il fulgore di Dony”.
Nel 2018 ha personalizzato con i suoi disegni la chitarra Les Paul per il famoso brand Gibson.
Ad ottobre del 2019 esce il suo secondo disco “Vite Private”.
ABOUT MARIA GIULIA COSTANZO
Maria Giulia Costanzo, classe 1995, è una fotografa di ritrattistica cinematografica. Scopre la fotografia all’età di 15 anni, usando il mezzo come liberazione ed espressione dei suoi sentimenti adolescenziali, ma solamente raggiunta la maturità ne riconosce le sue potenzialità intrinseche.
Decide così dopo il liceo, in balia di un impulso dettato dal cuore di studiare per poi laurearsi in fotografia presso l’Accademia Italiana di Firenze. Successivamente decide di voler approfondire i suoi studi, in quanto vuole aggiungere al proprio linguaggio fotografico un appeal di tipo cinematografico, così si trasferisce a Milano per studiare cinematografia.
Tra l’inverno e la primavera del 2019, Maria Giulia viene selezionata tra gli 8 fotografi europei che si contendono il titolo di “SKY ARTS MASTER OF PHOTOGRAPHY 2019”, Talent Tv sulla fotografia condotto da Oliviero Toscani, Mark Sealy ed Elizabeth Biondi. Conoscendo e confrontandosi con i maestri della fotografia come lo stesso Oliviero Toscani, Paolo Pellegrin e Martin Schoeller, Maria Giulia inizia a intraprendere un percorso dedicato esclusivamente alla fotografia, concentrandosi su ciò che ama davvero fare: fotografare il volto umano, avvolgendolo in un’atmosfera onirica e cinematografica, offrendo la possibilità di mostrare agli altri com’è il mondo visto da lei.