“Save Humanity” è una call nata da un’idea di Vera Agosti per dare spazio, in una mostra ospitata sull’omonima pagina Facebook, alle riflessioni di artisti italiani e internazionali sulle questioni aperte dal Covid-19. Nata in occasione della Giornata del Contemporaneo del 5 dicembre 2020, la call è tuttora in corso e resterà aperta fino al termine dell’emergenza pandemica.
Insieme all’altra mostra online curata da Vera Agosti “La mia vita al tempo del Coronavirus”, “Save Humanity” prosegue nell’intento di riflettere su questi tempi contraddistinti dalla convivenza obbligata con una malattia che sta cambiando noi e la società. Lo stato di emergenza ci ha costretto a riflettere sul tempo, sulla precarietà, sulla limitatezza dei nostri orizzonti abituali di fronte a un avvenimento patologico superiore. Ci ha donato l’importanza degli affetti, riportandoli in auge nella nostra scala di valori. Ci ha ridato a noi stessi, ridonandoci il tempo libero. La cura, dei malati, degli anziani, dei bambini, è diventata la parola chiave del 2020 avvalorando la prospettiva heideggeriana della cura come “essere nel mondo”.
Ma, oltre questi orizzonti di conquiste sul piano assiologico, la malattia ha modificato la nostra percezione della sicurezza, alzando l’asticella del livello in cui ci sentiamo protetti e tenendoci nello scacco dell’incertezza quotidiana. Ci ha costretto a prestare attenzione al contatto, all’eccessiva vicinanza con il prossimo, nella costante tensione creata dal sentore del pericolo. Le misure sanitarie adottate hanno influenzato enormemente i nostri modi di relazionarci, che si vanno assestando invariabilmente su una distanza che la prossemica definisce “sociale”: azzerando le gradazioni intermedie tra la sfera intima, quella sotto i 45 cm, e quella sociale, superiore a un metro, si è determinata pressoché la scomparsa della sfera intermedia, quella personale, in cui finora abbiamo ospitato gli amici. E la nostra stabilità psicologica, da sempre alimentata dalle relazioni sociali, come ne risente? È giunto il momento di pensare a come ricostruirci socialmente. Ma da dove partire? E che cosa salvare?
Da qui nasce la domanda di Vera Agosti: “Come salvare l’umanità?”, che si declina variamente in “Cosa ci manca dei nostri vecchi rapporti umani?”, “Cosa tener vivo di quel tipo di umanità?”, “Come migliorare per essere ancora più umani?” e la fondamentale e ontologica “Che cosa ci rende umani?”
Ed ecco che la risposta degli artisti non si è fatta attendere. Ad oggi le candidature ricevute da Vera Agosti sono state oltre 100, tra cui la curatrice ha selezionato gli attuali 40 artisti a cui ha dedicato spazio sulla pagina Facebook della mostra. Far sentire la propria voce, con la speranza di poter innescare una scintilla di positività nel fruitore, offrirgli il calice della bellezza come consolazione in questo periodo buio, condividere con gli altri il proprio sguardo sul mondo distillato in un’opera d’arte, essere presenti, infine, in un progetto dal respiro internazionale, sono le motivazioni che hanno spinto gli artisti a partecipare alla call. La mostra ha una presenza curatoriale appena percettibile, la cui leggerezza è dettata dalla volontà di lasciare spazio alle diverse manifestazioni artistiche in un gesto di democrazia oggi come mai importante ed apprezzabile.
Tra gli artisti aderenti al progetto, Omar Galliani con i suoi “Baci rubati, Covid 19”, che si concentra sull’abolizione della distanza che è stata imposta per mesi a tutti i non “congiunti”; Milena Barberis, che esprime il desiderio che l’affettività, rappresentata dal suo “Abbraccio”, osservato da un gruppetto di ragazzi come se fosse uno spettacolo teatrale, non vada perduta; Giovanni Cerri, con il suo “Ama il prossimo tuo come te stesso”, un’esortazione evangelica a vedere il prossimo (un Cristo del Cenacolo specchiato) in termini di umanità, cercando di tenere viva la speranza, nata con i primi mesi di pandemia, che il Covid ci avrebbe lasciato migliori.
Il grande lavoro di cura che è tuttora messo in campo dagli operatori sanitari per contrastare l’epidemia è portato in arte dall’opera ironica e leggera “Peace Maker” di Loredana Galante, che alla gentilezza e alla cura dedica gran parte del suo lavoro. Raffaella Surian, con un’opera dal titolo emblematico “Tener insieme i pezzi”, focalizza l’attenzione sulla difficoltà di conciliare i diversi aspetti della vita quotidiana in un equilibrio precario, mantenendosi allo stesso tempo attivi e propositivi, nonostante tutto. Fernando De Filippi sente invece viva la necessità di protestare per far sentire la sua voce: protesta inutile, probabilmente, perché l’opera, dal titolo “Protest”, è una scritta in legno fotografata nel momento stesso in cui è stata bruciata, e ora è ridotta in cenere.
Tra le partecipazioni internazionali spicca la giapponese Tomoko Nagao, che con il suo remake dell’“Apoteosi della Famiglia Pisani” del Tiepolo punta l’attenzione sulle boccette di amuchina, le confezioni di aspirina e tachipirina che accompagnano il nostro vivere quotidiano. Cristina Lefter, artista di origine moldavo-romena, ci propone di salvare la bellezza con una Venere di Botticelli immersa negli abissi marini, simbologia di un valore perduto dall’umanità ma custodito dalla natura, in attesa di farcelo riscoprire. L’indiano Harshit Joshi propone invece un’opera nera e magmatica in cui i bambini, il nostro futuro, sono in grado di trasformare un territorio di guerra in un campo da gioco.
La mostra si presenta complessivamente varia e articolata, spaziando dalla figurazione, campo assolutamente prioritario negli interessi della Agosti (che ha fondato, tra l’altro, il gruppo artistico “Le Meduse” dedito al figurativo), con opere al limite dell’astrattismo e dell’informale.
INFO
Per partecipare alla call è sufficiente inviare i propri lavori, realizzati a partire dal 2020 e attinenti al tema trattato, a Vera Agosti all’indirizzo mail: savehumanity2020@libero.it. Vera Agosti sta valutando la possibilità, una volta usciti dall’emergenza, di esporre le opere in una sede fisica ancora in via di definizione.