OBLOQUY è una mostra tripersonale degli artisti Christina Mallet, Sergio Hernandez Bernal e Silvia Sarsano, che sarà inaugurata il 3 ottobre 2024 presso la Hosek Contemporary di Berlino.
Il termine “obloquy” viene preso in prestito nel XV secolo dal latino. Si riferisce a una forte critica pubblica, a un abuso verbale, come una dura condanna e un disonore, spesso in un contesto pubblico.
Le profonde ferite emotive inflitte dalla società influenzano e alterano l’identità personale.
Nel corso della storia, la vergogna è stata uno strumento di controllo sociale, dai rituali antichi progettati per far rispettare una certa conformità, agli esempi moderni di umiliazione pubblica, che portano alla stigmatizzazione e marginalizzazione di coloro che si discostano dagli standard accettati.
Nel frattempo, in privato, la vergogna può essere interiorizzata, portando all’odio verso sé stessi e a una percezione distorta del proprio valore. Gli artisti in mostra agiscono sulla complessa interazione tra vergogna auto-imposta e giudizio sociale, e il percorso tra il peso della percezione pubblica e la liberazione dallo stesso, presentando prospettive non convenzionali su cosa significhi affrontare e reclamare la vergogna.
GLI ARTISTI E LE OPERE
SILVIA SARSANO – Artista italiana residente a Berlino. Il suo lavoro ruota attorno a temi come la narrazione generazionale, le contraddizioni e aspettative sociali, la memoria individuale e collettiva e i diritti dei lavoratori, spesso da una prospettiva femminile. Sebbene la pittura sia il mezzo principale utilizzato nella sua pratica artistica, altri media, come video e ricamo, vengono impiegati in base alla specificità del tema trattato.
“PRIVATE VIEWING / PUBLIC SHAMING”
Il corpo è un campo di battaglia dove si iscrivono le relazioni sociali.”
Silvia Federici
Nella privacy di uno strip club, i clienti godono di un’atmosfera di seduzione e libertà, dove le norme sociali si offuscano momentaneamente. Tuttavia, al di fuori di quelle mura, gli stessi desideri sono accolti con giudizio e criticismo. Il contrasto tra l’indulgenza privata e la condanna pubblica rivela come la società stigmatizza l’espressione sessuale e coloro che vivono ai suoi margini.
Due sono le opere presentate:
A little girl’s dream
È una serie di cinque carillon manipolati un cui la trasformazione da una delicata ballerina a una spogliarellista riflette in modo ironico i cambiamenti delle narrazioni imposte sulle donne.
Fin dall’infanzia, le donne vengono spesso cresciute con una certa immagine di sé—una di purezza e conformità. Tuttavia, man mano che crescono e la loro identità si evolve, molte si trovano, a causa di circostanze o scelte personali, in ruoli che si discostano da tali aspettative, con conseguente giudizio pubblico e spesso criminalizzazione. A fronte del dilagante bigottismo, l’artista ci tiene a dichiarare ancora una volta che il lavoro sessuale è lavoro.
Against Neaera
“Agaist Neaera” è un pezzo di ricamo che mostra due estratti dal più antico testo legale noto riguardante la prostituzione.
Questo discorso di accusa fu pronunciato da Apollodoro di Acarne contro Neaera, un’etera accusata di aver sposato illegalmente un cittadino ateniese. È la fonte più estesa sopravvissuta sulla prostituzione nell’antica Grecia.
All’incrocio tra legge, genere e norme sociali, questo documento è ancora una prova e un promemoria della stigmatizzazione e delle sfide legali affrontate dalle lavoratrici del sesso nel corso della storia.
CHRISTINA MALLET – Artista americana che vive a Berlino, trae ispirazione da fotografie trovate, ricordi e un’immaginazione attiva, per creare narrazioni surreali attraverso pittura, disegno e installazioni. Il suo lavoro sfuma i confini tra realtà e finzione, riflettendo un profondo legame con la narrazione e una passione per la conservazione e la reimmaginazione del passato.
“RITUALS OF DEFIANCE”
Cinque totem che personificano la risposta alla vergogna vissuta dall’artista nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti negli anni ’80.
Da bambina altamente creativa che non rientrava nello stampo tradizionale, Christina veniva spesso fraintesa, subendo frequenti sospensioni e suggerimenti per entrare in un istituto di istruzione speciale. Nonostante queste difficoltà, l’artista abbraccia da oltre 20 anni questa sua natura eccentrica e non conformista, trasformando la vergogna in celebrazione.
Questa serie fonde l’esperienza personale con la profonda fascinazione dell’artista per i rituali e le cerimonie, radicata nella sua educazione sviluppatasi all’interno di una famiglia cattolica estremamente devota.
I totem, scelti per omaggiare il legame con l’eredità del Pacifico nord-occidentale dell’artista, rappresentano cinque divinità di un pantheon immaginario, incarnando qualità un tempo criticate ma ora celebrate come essenziali per la sua identità.
SERGIO HERNANDEZ BERNAL – Artista colombiano le cui opere esplorano l’intersezione tra introspezione, tecnologia, spiritualità e natura. Attraverso installazioni immersive, video arte e realtà aumentata, crea opere astratte che invitano gli spettatori a esplorare la propria mente e mettere in discussione la loro visione del mondo. L’arte di Sergio sfuma i confini tra il fisico e il digitale, offrendo una prospettiva fresca sull’evoluzione della società.
SHAMEFACEDNESS:
“Shamefacedness” è un’installazione che esplora la profonda influenza della vergogna auto-imposta. Attraverso un astratto incastro di specchi, l’artista invita gli spettatori a confrontarsi con le proprie riflessioni e le percezioni distorte che la vergogna può innescare.
Nel romanzo “La lettera scarlatta” (1850) di Nathaniel Hawthorne, Hester Prynne è costretta a portare una “A” rossa sul petto come simbolo pubblico della sua adulteria. Il colore rosso rappresenta l’indelebile macchia del suo peccato, proprio come la luce rossa dell’installazione simboleggia la vergogna che l’artista ha portato involontariamente come conseguenza della sua sessualizzazione precoce. Esperienza che ha portato a una ricerca di validazione attraverso il sesso, inizialmente come forma di terapia, ma che tuttavia, col tempo, ha oscurato il suo vero io.
Guarire dall’abuso sessuale ha permesso all’artista di affrontare direttamente la sua vergogna. Questo viaggio di scoperta e perdono è rispecchiato nell’installazione, invitando gli spettatori a confrontare le proprie lotte interne e trovare la loro luce interiore.
L’installazione è accompagnata da due lavori video.