Alla Fondation Beyeler di Basilea prende forma Little Room, la nuova installazione in realtà virtuale di Jordan Wolfson.
Un ambiente immersivo che sovverte la percezione del corpo, della coscienza e dell’identità, portando alle estreme conseguenze la sperimentazione del linguaggio tecnologico in ambito artistico.
L’opera, presentata in anteprima assoluta, accoglie i visitatori con una procedura inaspettata: si entra in coppia – con qualcuno che si conosce o un perfetto sconosciuto – e si viene sottoposti a una scansione corporea 3D. Una volta indossato il visore, ci si ritrova in un mondo virtuale dove la propria presenza è filtrata attraverso l’aspetto fisico dell’altro. Uno scambio di percezioni che si traduce in una vertigine cognitiva, fatta di spaesamenti visivi e sensazioni corporee al limite dell’estraniamento.
Wolfson costruisce così una situazione tanto intima quanto inquietante, in cui il visitatore non è più solo spettatore, ma fulcro pulsante di un’esperienza che interroga direttamente la materia incerta del sé. La Little Room diventa metafora di uno spazio mentale: piccolo, sì, ma affollato di tensioni identitarie, domande irrisolte, stratificazioni emotive che emergono dal dialogo tra reale, virtuale e immaginato.
Come sottolinea Sam Keller, direttore della Beyeler, l’installazione è
una testimonianza potente e affascinante della forza visionaria di Jordan Wolfson»,
artista da sempre interessato a indagare le crepe della coscienza collettiva. Dalla videoarte agli animatroni disturbanti, dalle olografie ai mondi sintetici, Wolfson ha saputo spingersi là dove la tecnologia si fa specchio deformante della contemporaneità, capace di mettere in crisi ogni certezza percettiva.
In Little Room, questo processo viene portato al culmine: il medium della realtà virtuale non è semplicemente un supporto, ma un dispositivo critico che frantuma il confine tra l’io e l’altro, tra carne e simulacro, tra intimità e finzione. E in questo cortocircuito percettivo emerge, netta e disturbante, la questione più profonda: cosa resta del nostro corpo, della nostra identità, una volta che lo sguardo – il nostro e quello dell’altro – viene mediato dal filtro digitale?
L’artista
Jordan Wolfson, classe 1980, vive e lavora a Los Angeles. Formatosi alla Rhode Island School of Design, appartiene a una generazione che ha fatto del linguaggio dei nuovi media il campo d’azione privilegiato per riflettere sulla fragilità dell’essere umano, sulle derive della cultura visuale e sull’influenza profonda che le tecnologie esercitano sul nostro immaginario. Con Little Room, la sua ricerca raggiunge una nuova densità, collocandosi nel cuore di un’estetica della perturbazione che non cerca soluzioni, ma apre domande – urgentissime – sul modo in cui viviamo, ci percepiamo, ci raccontiamo.
INFO
Jordan Wolfson: Little Room
25 maggio – 3 agosto 2025
Fondation Beyeler
Beyeler Museum AG, Baselstrasse 77, CH-4125 Riehen
www.fondationbeyeler.ch