CRISTINA-DE-MIDDEL

Les Rencontres de la Photographie d’Arles

Fino al 29 settembre Arles ospita il festival della fotografia più importante d’Europa.

Novantuno giorni di esposizioni fotografiche, talk, workshop con professionisti del settore e poi ancora attività durante l’anno che tengono viva questa cittadina del sud della Francia e che fanno dell’educazione allo sguardo la migliore delle sue accoglienze.

È la città di Arles con il suo festival di fotografia “Rencontres d’Arles” a portarmi in Provenza.
Ogni estate, dal 1970, Arles diventa la capitale europea della fotografia. Artisti, fotografi e curatori diffondono storie d’umanità, attraverso la loro visione che fa da ponte alla curiosità e all’interesse degli spettatori.

Lo scorso anno il Festival ha ospitato 145.000 visitatori, rappresentando l’edizione più riuscita della storia.
Un appuntamento che non si esaurisce con la stagione estiva e si nutre durante l’anno di workshop, corsi di fotografia che coinvolgono fotografi e amatori, appassionati a tutti i livelli e uno speciale “back to school” che riunisce migliaia di studenti invitati a formare la propria opinione sulle immagini che li circondano nel quotidiano e a sviluppare il proprio spirito critico. Perché lo sguardo va educato e questo Festival lo sostiene con grande intensità, incontro dopo incontro.

Cinque giorni possono essere un tempo minimo ma giusto per non correre, per concedersi di perdersi un po’ tra le rue senza mancare l’opportunità di poter vedere tutte le installazioni che animano la cittadina provenzale, amata da artisti mondiali come Vincent Van Gogh che nei suoi soggiorni ad Arles era alla ricerca della luce giusta – in poco più di un anno ha realizzato circa 300 tra dipinti e disegni – Paul Gauguin e Pablo Picasso.

I principali filoni che accompagnano questa edizione sono “tremori e tumulti, spiriti, tracce, letture parallele e riletture”. Percorsi e itinerari che ti accolgono partendo dalla Place de la République e che avvolgono la cittadina ospitante.
In poco più di tredicimila metri quadrati ho avuto l’opportunità di visitare oltre venticinque siti con accessi ben identificati sulla mappa e facilmente individuabili durante gli spostamenti, che ospitano quaranta esibizioni e programmi satellite.
Musei, chiese, monumenti cittadini, ma anche ex fabbriche, aree dismesse e strutture alternative alle gallerie ospitano artisti internazionali ed emergenti che interpretano la loro visione del mondo che cambia attraverso narrazioni sull’umanità fatte anche di decadimento e tematiche sociali.
Il Festival è un invito continuo alla scoperta, alla ricerca di un proprio punto di vista, di un’identificazione o di una presa di distanza, di riflessioni e archiviazione di idee, alla possibilità di vivere l’immagine attraverso prospettive diverse che creano un dialogo tra memoria e cambiamento.
Anche il suo pubblico è internazionale.

3 PROGETTI DA NON PERDERE

CRISTINA DE MIDDEL – Journey to the Center
La fotografa prende spunto dall’atmosfera e dalla struttura del libro di Jules Verne “Journey to the Centre of the Earth” per presentare la rotta migratoria dell’America Centrale attraverso il Messico come un viaggio eroico e audace piuttosto che una fuga. Nelle fotografie documentarie non può mancare un richiamo alla politica statunitense, con un’espressione del viso di Donald Trump impressa come fosse una ‘macchietta’ su una maglia color salmone.
Di Cristina De Middel è l’immagine rappresentativa di questa edizione del Festival e molto suggestivo è il racconto di quello scatto intitolato “An Obstacle in the Way”:

La seconda volta che sono andata a Hierve el Agua, il posto era deserto, fatta eccezione per una coppia che aspettava in una delle piscine. Quando la donna si è avvicinata all’acqua, mi sono precipitata a scattare una fotografia, ma la mia macchina fotografica non funzionava. Dopo aver provato di tutto per risolvere il problema, ho dovuto rinunciare. Ho deciso di sedermi accanto all’uomo per saperne di più su di loro. Mi ha spiegato che erano fratello e sorella e che quel sito era sacro. Mi ha chiesto se volevo scattare delle fotografie e ho risposto che la mia macchina fotografica non funzionava. Mi ha detto di riprovare, dicendo che dopo la nostra conversazione, avrebbe ripreso a funzionare. E così è stato”.

(Parole dell’autrice tradotte liberamente dal catalogo del Festival).

MARY ELLEN MARK – Encounters
La prima retrospettiva mondiale della fotoreporter e ritrattista americana, celebra le persone emarginate e meno privilegiate che ha seguito per anni, catturando la loro umanità attraverso emozioni diverse che vanno dalla disperazione e l’angoscia, alla tenerezza materna.

Gli scatti si uniscono e mescolano a immagini di celebrità e a pensieri di altri fotografi che hanno lasciato un attestato di stima alla collega, custodito nelle teche dello spazio espositivo.

Faced by your eye and camera, the world seems always to arrange itself for one of MEM’S Miracles.
Thank you.
I. P.

(dedica del fotografo Irving Penn su carta intestata)

SOPHIE CALLE – Neither Give Nor Throw Away
La mostra in assoluto con più coda all’ingresso e per cui vale la pena aspettare. Sicuramente per la singolarità dell’accesso alla location – le cripte romane sotterranee nel Municipio di Arles – ma anche perché le sue installazioni sono tra le più originali e creano inquietudine, avvolte da un buio assoluto che si spezza con le luci rivolte sulle opere cariche di muffa, danneggiate dall’umidità dell’ambiente, nella consapevole scelta dell’artista di trasformarle in opere invece che distruggerle.

Come racconta l’artista nella presentazione del progetto:

Ho notato che la muffa aveva scelto con cura le sue vittime e, oltre ai ciechi, aveva colpito solo quelle opere che parlavano di morte o perdita, come se la loro impenetrabilità fosse già compromessa”.

(Tratto dal testo introduttivo della presentazione dell’esibizione in situ).

Un appunto scritto a mano dall’artista sul totem all’ingresso mi fa capire che forse non tutti i visitatori sanno essere rispettosi della sacralità di un’esibizione. Il suo richiamo a non portare a casa parti delle sue opere lasciate volutamente libere nello spazio che le accoglie, con il rischio di portare spore nocive alla salute nella propria abitazione, mi è sembrato un monito perentorio al fatto che la maleducazione non diventasse umana ad Arles.

APPUNTI DI VIAGGIO PROVENZALI SU LA PÉTANQUE

Se fosse una disciplina olimpica, la Provenza darebbe filo da torcere a tutti.
La Pétanque è infatti lo sport che si pratica a ogni età. Nel mio viaggio in Provenza, in ogni cittadina visitata ho visto prati liberi trasformarsi in campi da gioco animati da competizioni vissute nel silenzio e con la massima concentrazione, ma con rilasci di punte di ironia negli sguardi degli sfidanti.
Arles ha scelto di celebrare questo sport – non chiamatelo gioco delle bocce – attraverso ritratti in bianco e nero catturati dal fotografo Hans Silvester e ospitati nel Museon Arlaten, Musée de Provence. Mi piace molto il punto di vista che si concentra sul momento dove il giocatore è profondamente coinvolto nel gioco.

I’M SO HAPPY YOU ARE HERE

È sicuramente l’aria che ho respirato in questo mio soggiorno ad Arles, ma è anche un progetto importante che racconta narrazioni consolidate e rivela l’importanza delle fotografe giapponesi a partire dagli anni ’50.

La verità sopra ogni cosa è che ad Arles c’è un’atmosfera fuori dal comune che ti può far vivere momenti di rara felicità.
Un’accoglienza generale che permette un’immersione completa nell’arte, perché la bellezza senza cultura rischia di non sapere di niente.

LA GALLERY

INFO

https://www.rencontres-arles.com/en

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