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La quarta edizione della Milano Green Week 2024. Il racconto

Giunta alla quarta edizione la Milano Green Week 2024 ha voluto approfondire i possibili percorsi nel verde che la città può offrire, dando spazio ad alcune installazioni da raggiungere attraverso il tessuto urbano.

L’idea è chiaramente quella di far fare un viaggio, un viaggio utile non solo movimento verso l’opera ma anche come scoperta del territorio e delle sue aree verdi.

MGW è una manifestazione annuale nata per sensibilizzare Milano riguardo quei temi ambientali che oggi vanno di moda, ma che devono anche trasformarsi in atteggiamento civile. Nei quattro giorni della manifestazione il cittadino può seguire vari percorsi creandone anche di propri, in una modalità di attraversamento che può portarlo a scoprire giardini, orti e spazi verdi solitamente dimenticati dal ritmo metropolitano.

LE INSTALLAZIONI

Armati quindi di curiosità e passione tematica abbiamo visitato le installazioni scelte per MGW24, tutte realizzate grazie al recupero della legna degli alberi abbattuti la notte del 25 luglio 2023, a causa del violento nubifragio che colpì Milano provocando la caduta di circa 5.000 piante. Per la scelta delle installazioni è stato indetto un bando dal Comune, e i vincitori hanno così provato a usare l’arte per raccontare la crisi climatica e manifestare l’urgenza di cambiare rotta.

A causa di una pesante assenza di chiara comunicazione da parte degli organizzatori non è stato semplice trovare queste installazioni. Questo è un problema su cui la gestione deve ponderare per il prossimo anno.

Per esempio “Monolite” di Sebastiano Branca si trova nel parco di Cascina Bianca di Famagosta, probabilmente uno dei punti di periferia più estrema toccati dalla MGW24. Arrivando sul luogo in effetti si percepisce subito la distanza sociale che subisce un simile quartiere residenziale, formato da enormi “casermoni” e privo di negozi. Il parco della Cascina Bianca attenua la pesante presenza di asfalto e cemento armato, creando un prezioso angolo verde che, se mantenuto, potrebbe migliorare il contesto.

Diventa quindi importante la presenza dell’installazione “Monolite” di Branca. Per essa l’artista decide di attuare un intervento molto concreto e molto teorico allo stesso tempo, creando un blocco quadrato di legno levigato, appoggiato sul terreno del giardino appena di fianco la staccionata che protegge dalla caduta in un ramo del Lambro che taglia in due il parco. Capiamo come la decisione possa essere stata dettata anche da questioni pratiche data forse l’impossibilità di controllare la scultura per ventiquattro ore. Un blocco di legno infatti difficilmente può essere “vandalizzato” (a meno di interventi potenti). Allo stesso tempo però il pubblico (specie chi usufruisce del parco quotidianamente) forse fatica a notare l’opera, che al primo impatto si perde quasi nell’orizzonte del banale quotidiano.

Non aspettandosi attenzioni artistiche all’interno di un parco di periferia, un blocco di legno simile in effetti fa immediatamente pensare a “2001 Odissea nello Spazio” con i cittadini di Famagosta a chiedersi cosa stanno vedendo, come le scimmie del film di Kubrick. Sicuramente una volta intercettato nel proprio sguardo, il monolite diventa un oggetto con cui fare i conti, e, a parte il difetto di comunicazione di cui abbiamo detto, l’opera acquista senso nell’immaginario del luogo.

La stessa sorte non è toccata purtroppo a “Tree Gon” di Giancarlo Diana. Il suo intervento, posto nel periferico Parco Lambro, è stato purtroppo pesantemente rovinato da atti vandalici, quindi non abbiamo potuto vedere l’oggetto nella sua interezza. Come si sa, Parco Lambro è un’area verde storica che sconta meno della precedente la distanza dal centro, e questo grazie al suo essere molto più centrale sia nell’immaginario milanese che nella vita del quartiere di cui fa da polmone. Questa prossimità sociale però ha portato inevitabilmente a un’attenzione da parte del popolo che frequenta il parco fino a colui che preferisce “agire” sull’opera distruggendola. Abbiamo trovato quindi un oggetto in legno, piccolo e molto leggero, un oggetto molto più facilmente “agibile” del monolito visto a Famagosta, e che appunto è stato non capito e preso di mira per una manomissione. Anche qui la comunicazione non è stata curata in modo impeccabile, e forse in questo caso sarebbe stata molto utile per provare a sensibilizzare gli avventori in modo da non farli agire in modo vandalico.

A Parco Sempione invece l’opera “Memoriale Selvatico” di Anne De Carbuccia è probabilmente la migliore delle opere che abbiamo visto. La sempre latitante comunicazione adottata per dirigere verso l’opera ha fatto veramente da scusa per una divertene caccia al tesoro nel parco in una bellissima giornata di sole. Il gioco è stato premiato dalla visione di una creazione semplice, efficace, chiara, dai molteplici risvolti esegetici. L’artista ha creato un vero memoriale in legno con scolpita la data del 25 luglio 2023 a ricordare l’evento catastrofico e il momento della morte delle piante usate per creare l’opera. La scultura presenta due fila di tronchi ai due lati, fila abbraccianti chi guarda e lo spingono verso la seduta larga (a mo’ di panca) posta sul fondo. Il momento della seduta dovrebbe essere il momento di riflessione sull’accaduto e sulla crisi climatica che ha permesso tale bomba d’acqua. Questo ecumenico abbraccio porta sicuramente a chiedersi se possiamo abbassare i nostri bisogni per interfacciarci in modo più consapevole con un pianeta che sta subendo seriamente cambiamenti epocali a causa della nostra presenza e della nostra presunzione. L’artista ci pone davanti a questi interrogativi creando un luogo di possibile silenzio e di ricordo verso piante che mai più svetteranno come prima.

L’ultima installazione che abbiamo visto è forse la più nascosta. Per raggiungerla il nostro percorso deve inoltrarsi nei giardini di Villa Belgioioso e arrivare sull’isolotto creato con una roggia della Martesana.
Su tale isolotto troviamo un tempietto dedicato alla dea Amore davanti a cui l’architetto Alessandro Musolino e il duo artistico BRINANOVARA hanno posto “Animalier”, una struttura fissa circolare in legno su cui è stato messo un blocco di tronchi a pezzi legati da una cinghia. Il contesto bucolico si contrappone ad un’opera forse ostica che ricrea in legno la base del tempietto per ridare in sostanza naturale la base di quella struttura architettonica. I creatori quindi provano a usare il legno in modo calcolato, ingegnerizzato, fermandosi però alla base che viene lasciata alle intemperie per darle una prospettiva diversa da quella del tempio.

Il giro finisce e pensiamo non sia stato tempo perso. La MGW24 è anche un’occasione per scoprire il tessuto urbano, le sue contraddizioni, la voglia di cambiamento contrapposta alle sbagliate abitudini legate al verde. La sensibilizzazione è come la goccia che scalfisce la montagna: le sconfitte, i passi falsi sono comunque parte del percorso, e pensiamo che le installazioni viste vadano in quest’ottica di lenta ma potente consapevolezza.

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