Nina Yashar, curatrice visionaria e fondatrice di Nilufar, continua a spingersi oltre i confini tra arte e design con la mostra “Please Do Not Sit” di Shlomo Harush.
Un’esplorazione che invita a ripensare il nostro rapporto con gli oggetti, trasformando sedie, materiali e luci in simboli carichi di significato.
Abbiamo incontrato Nina Yashar che ci ha raccontato il suo approccio alla curatela, il fascino per la poetica di Harush e la missione di Nilufar: creare un dialogo in cui tradizione e innovazione convivono, lasciando spazio a nuove interpretazioni di bellezza e funzionalità. Un viaggio tra forme primitive e contemporanee, materia e spirito, per celebrare l’universalità dell’arte.
L’INTERVISTA
“Please Do Not Sit” rappresenta un nuovo tassello della ricerca artistica e creativa di Nilufar, in cui le opere di Shlomo Harush sono protagoniste. Cosa ti ha colpita maggiormente del lavoro di Harush e come è nata l’idea di questa collaborazione?
Il lavoro di Shlomo Harush mi ha colpito immediatamente per la sua capacità di trasformare materiali comuni in opere di grande impatto emotivo e concettualmente stimolanti. La forza fisica che infonde nei materiali, unita alla sua sensibilità nel creare forme che sembrano sospese tra praticità e astrazione, lo rende unico. L’idea di questa collaborazione è nata dal desiderio comune di esplorare il confine sottile tra arte e design, rompendo le convenzioni e offrendo una nuova prospettiva sul concetto di “utile” e “estetico.”
Il titolo della mostra, “Please Do Not Sit” è uno statement che sembra già invitare a una riflessione sul rapporto tra l’arte, il design e la funzione. Cosa significa per te questo invito e in che modo caratterizza la mostra?
“Please Do Not Sit” è un titolo provocatorio che ci invita a ripensare il nostro rapporto con gli oggetti. Sottolinea che non tutto deve essere necessariamente utile per avere un valore. In questa mostra, il confine tra arte e design si dissolve: le sedie non sono più solo sedie, ma metafore, narrazioni, opere che suscitano emozioni. È un invito a riflettere sul significato di funzionalità e a lasciare che l’arte ci trasporti oltre l’ovvio.
Harush descrive il suo lavoro come fondere soggetti e oggetti quotidiani, manipolandoli per allontanarli dall’archetipo verso nuovi e inaspettati emblemi.
Come interpreti questo approccio quasi spirituale all’arte?
Trovo che l’approccio di Harush sia profondamente poetico e visionario. La sua capacità di prendere materiali e oggetti quotidiani e trasformarli in qualcosa di straordinario parla di un dialogo intimo tra l’artista e il mondo che lo circonda. È un processo quasi alchemico, in cui ogni pezzo diventa un ponte tra materia e spirito.
Da collezionista e gallerista, ha spesso collaborato con artisti dal linguaggio forte e innovativo. Quali sono i criteri con cui seleziona i creativi da esporre e cosa cerca in un’opera o in un progetto?
Cerco autenticità, originalità e qualità. Le opere che seleziono hanno come aspetto comune la capacità di raccontare una storia, che vada oltre all’oggetto fisico. Per questo sono attratta da artisti e designer che non temono di sfidare le convenzioni e che riescono a creare un ponte tra ere diverse sperimentando con mezzi e materiali disparati. La tecnica è importante, ma deve essere accompagnata da una narrazione potente e un’innovazione che catturi l’essenza della contemporaneità.
Nilufar ha un’identità di incontro tra mondi e culture. Come riesce a mantenere vivo questo dialogo, anche con le nuove generazioni di artisti e designer?
Nilufar è, per sua natura, un luogo di scambio e di contaminazione. Mantenere vivo questo dialogo significa rimanere curiosi e pronti ad accogliere nuovi punti di vista. Lavoro costantemente per scoprire giovani talenti che portino energie e prospettive nuove, offrendo loro uno spazio dove possano dialogare con il passato e con le culture che li ispirano.
In un contesto di design sempre più orientato alla sostenibilità, come si conciliano l’innovazione e l’impegno a preservare la memoria e il patrimonio culturale?
Sostenibilità e memoria non sono in contrasto, anzi, si rafforzano a vicenda. Conservare il patrimonio culturale significa valorizzare ciò che abbiamo reinterpretando il passato in chiave contemporanea. Allo stesso tempo, l’innovazione può e deve andare nella direzione di un design responsabile, che tenga conto dell’impatto ambientale e che celebri l’artigianalità e i materiali durevoli.
Quali sono le parole chiave per descrivere Nilufar?
Per descrivere Nilufar, sceglierei queste parole: dialogo, contaminazione, storia, cultura, ricerca e avanguardia.
C’è un desiderio artistico che non ha ancora esaudito?
Nel corso del tempo, Nilufar si è evoluta: da galleria di collectible design vintage e contemporaneo, ha introdotto la linea di prodotti Open Edition. Sono
certa che in futuro nasceranno nuovi progetti e dialoghi, anche in ambiti affini come il mondo della moda e della ristorazione come è già successo con la collaborazione con Ferragamo e Analogia Project.
LA MOSTRA
INFO
“Please Do Not Sit”
SHLOMO HARUSH
Fino a Marzo 2025
NILUFAR
Via della Spiga 32, 20121, Milano