È morto Sebastião Salgado, lo sguardo epico dell’umanità

Il fotografo brasiliano Sebastião Salgado è morto all’età di 81 anni.

A confermarlo è stato l’Instituto Terra, fondato insieme alla moglie Lélia Wanick Salgado, senza specificare luogo o circostanze della scomparsa. Con lui se ne va uno dei più intensi e visionari narratori visivi del nostro tempo, capace di restituire alla fotografia il peso del racconto sociale e il respiro della geografia umana.

Nato nel 1944 a Aimorés, in Brasile, Salgado si formò inizialmente come economista, lavorando anche per la Banca Mondiale. Fu durante i viaggi in Africa che scoprì la fotografia, linguaggio che da quel momento avrebbe orientato tutta la sua vita. A partire dagli anni Settanta si trasferì a Parigi, e nel 1979 entrò a far parte dell’agenzia Magnum Photos, dove realizzò alcuni tra i suoi più celebri reportage.

Tra questi, Workers (1993) e Migrations (2000), imponenti progetti di documentazione visiva su scala globale, capaci di indagare con rigore etnografico e forza poetica il lavoro, l’esodo, l’appartenenza. Le sue fotografie, rigorosamente in bianco e nero, costruivano una grammatica epica della realtà, in equilibrio tra denuncia e bellezza. Ogni scatto era un frammento di un’umanità ferita, ma anche un inno alla sua resistenza.

Nel 1994 fondò con Lélia l’agenzia Amazonas Images, e successivamente l’Instituto Terra, dedicato al rimboschimento della foresta atlantica brasiliana. L’ultima fase del suo lavoro, culminata nel ciclo Genesis (2013), ha testimoniato un profondo ritorno alla natura, osservata come riserva sacra di equilibrio e meraviglia.

Con Salgado si spegne un testimone lucido della condizione umana, un fotografo che ha trasformato l’obiettivo in uno specchio del mondo e in un altare per i suoi protagonisti silenziosi.

https://www.instagram.com/institutoterraoficial

HESTETIKA ART Next Generation

Iscriviti
alla newsletter di Hestetika