La narrazione artistica di Lucia Guadalupe Guillén è delicata, tenue e intima come sono le sue stratificate tele.
Lucia Guadalupe attraverso il suo linguaggio visivo fatto di segmenti di corpi, posture, imperfezioni, dettagli e soprattutto tessuti riesce a raccontare la femminilità e le sue mille sfaccettature.
Racconto, osservo, studio la figura femminile senza giudizio, critica o venerazione, ma per quello che è veramente”.
Le sue suggestioni leggere sono continue sperimentazioni che coinvolgono una varietà di materiali diversi.
Una tecnica che combina pastelli, matite, colori acrilici con altri materiali comuni come carta, pezzi di plastica, pluriball, tessuti e filo. Il risultato è la sua pittura e il suo mondo artistico.
LA COVER
L’INTERVISTA
La tua arte è un’osservazione della figura femminile senza giudizio, critica o venerazione. Qual è il tuo processo creativo e come nascono le varie immagini?
In sostanza sì, tutto avviene attraverso sensazioni, emozioni e immagini che mi continuano ad accompagnare per un determinato periodo e che poi sento il bisogno di dipingere, in modo da elaborare lo stato d’animo che me le causa; con il tempo ho imparato a non giudicarmi e a non giudicare le mie emozioni e le mie immagini, bensì ad accoglierle.
Le protagoniste dei tuoi quadri spesso non hanno un volto, un’identità visiva, ma sono rappresentate da mani, corpi e vestiti. Chi sono questi personaggi e cosa vogliono trasmettere?
Mi piace spostare l’attenzione dello spettatore sull’osservazione del corpo, sulle mani, sulle cosce, sugli abiti.
Con fatica sto ancora imparando ad ascoltare di che cosa ha bisogno il mio corpo in modo da trovare l’equilibrio tra corpo e mente. Quindi chi sono?
Sono delle emozioni che io dipingo attraverso i corpi femminili. Ritengo che i corpi abbiano un forte potere comunicativo.
Un altro elemento focale dei tuoi dipinti è la postura e la gestualità dei tuoi personaggi. Diventa un meccanismo comunicativo?
Mi piace osservare come ognuno di noi può esprimere il proprio stato d’animo, le proprie emozioni, ciò che pensa mediante la gestualità, la postura, i movimenti del corpo. Quindi sì, è un meccanismo comunicativo dove, attraverso lo studio e l’osservazione della gestualità, scopro anche me stessa.
Anche il colore. C’è una continuità cromatica nelle tue opere. Hai mai pensato di spezzarla e cambiare drasticamente?
La scelta cromatica è venuta naturalmente, sono tonalità tenui, colori pastello, prevalentemente caldi. Sono cresciuta nel nord dell’Argentina, dove è forte e continuo il richiamo ai colori della terra, dei paesaggi e delle brulle montagne della precordillera andina. Inoltre, la scelta di colori pastello è legata alla volontà di creare un’immagine elegante, delicata e bella che si integri e allo stesso tempo veli il significato della gestualità di quel corpo. Ho provato a cambiare tonalità cromatica, ma non mi ritrovavo; dopo diversi tentativi, ritornavo sempre ai miei colori caldi.
Per finire il tessuto che è parte integrante dei tuoi dipinti. Come si inserisce nella tua idea artistica?
Anche questo è un retaggio della mia infanzia passata a Salta, nel nord dell’Argentina. Lì la cultura dell’arazzo è molto forte e cucire come forma d’arte mi ha sempre affascinato. Dal punto di vista tecnico, mi piace unire pittura e cucito. Da lontano lo spettatore spesso non nota nemmeno la differenza, lo scopre avvicinandosi. Cucire sulla tela dà una tridimensionalità e una matericità che mi piacciono moltissimo!
Pensi che un’artista debba prendere posizione ed esprimere le proprie idee attraverso il proprio lavoro?
Penso che il lavoro di un’artista debba far riflettere, debba porre delle domande, debba arrivare allo spettatore. Non credo che debba per forza esprimere il proprio pensiero. Certo che però, a volte, è molto difficile non farsi coinvolgere…
Se dovessi definirti in terza persona, come ti descriveresti?
Guadalupe (da sempre uso il mio secondo nome come se fosse l’unico e tra l’altro fa così anche la mia gemella) è una persona solare, molto attiva e sportiva, che ama aggregare e condividere con le persone, ma allo stesso tempo rimane quasi sempre dietro le quinte, osservando e riflettendo, quasi fosse una spettatrice. A volte le emozioni la sovrastano ed esplode come un palloncino.
Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la tua arte quali sarebbero?
Sincera, Diretta e Delicata
Potresti elencare i tuoi cinque artisti preferiti di tutti i tempi?
Frida Kahlo
Margherita Manzelli
Niki de Saint Phalle
Marcin Maciejowski
Diego Rivera
Argentina e Italia. La Patagonia e Brescia. Quali sono le similitudini e le diversità?
Domanda davvero ampia, pensa che mia madre sta per pubblicare un libro sull’argomento!
Ma tornando a noi, ne dirò una sola per ciascuna, ovviamente non la più importante, bensì due aspetti che mi hanno molto colpita quando sono arrivata in Italia a quindici anni.
Diversità: l’importanza che a Brescia si dà al vestire e come questo crei dei veri e propri gruppi separati all’interno della stessa fascia d’età. In Argentina capita molto meno.
Similitudine, e lo trovo un aspetto molto positivo: il momento del pasto, che in Italia come in Argentina è un rituale, un momento di ritrovo, di scambio e di conversazione.
Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E l’ultima?
Durante le superiori (il liceo artistico Olivieri di Brescia) ci portarono ad una mostra dove era esposto il quadro Le Vieux Clown di Kees van Dongen. Mi colpirono tantissimo le mani e il volto, mi sentivo come lui. Mi ha fatto capire quanta emozione si può trasmettere attraverso la pittura.
L’ultima è stata alcuni anni fa, era una mostra al Museo Carceri di Torino. Sono sincera, non ricordo il nome dell’artista. Erano delle tele molto grandi con dipinti dei volti, appese in modo molto particolare, e c’era un gioco di luci per il quale le opere venivano attraversate dalla luce stessa. Credo che la mia passione per lavorare sui lucidi venga anche da lì.
C’è un desiderio artistico che non hai ancora esaudito?
Mi piacerebbe dipingere su dei fogli di lucido giganteschi! Per adesso ho lavorato con lucidi da 150×100 cm, ecco, mi piacerebbe farlo con dimensioni cinque o sei volte maggiori.
Cosa pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Può la tecnicità superare la creatività?
Premetto, il mio rapporto con il digitale e l’informatica non è proprio idilliaco e non sono certo un’esperta sull’argomento, ma ho l’impressione che l’intelligenza artificiale possa al più aiutare l’artista e non credo che la tecnicità potrà mai superare la creatività; le mancherà sempre l’anima, l’essenza, l’imprevisto del percorso che genera l’opera d’arte.
Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? E soprattutto, cosa hai fatto?
La settimana scorsa! Mi hanno chiesto di realizzare la copertina per il diario scolastico di una scuola elementare, e proprio pochi giorni fa mi sono messa all’opera. È molto più impegnativo di quanto mi immaginassi!
Se facessi uno studio visit nel tuo studio cosa troverei? Natura, tecnologia, opere di altri autori?
Dentro al mio studio si trova ovviamente disordine, tanti materiali, tante opere, ma si respira anche il fascino della storia. Ho infatti la fortuna di dipingere nel luogo che fu lo studio del pittore Alessandro Bonvicino, detto il Moretto.
Se fossi la direttrice di una rivista d’arte, chi vorresti che comparisse in copertina? E perché?
Parlando di arte contemporanea, mi piacerebbe vedere Elisa Bertaglia. I suoi lavori hanno una sincerità, una delicatezza e una maturità che mi hanno sempre affascinata.
L’ARTISTA
Lucia Guadalupe Guillén nasce nel 1987 a Rio Gallegos, provincia di Santa Cruz in Argentina.
Nel 1992 si trasferisce a Salta, in una valle vicina alla Cordilleras de los Andes dove trascorre l’infanzia con la madre e tutti i fratelli. Nel 1998 si trasferisce con la famiglia a Buenos Aires dove vive per quattro anni. A causa della crisi
economica in Argentina, nel maggio del 2002 si sposta a vivere in Italia all’età di 15 anni.
Dal settembre 2002 al giugno 2007 studia al Liceo Artistico Olivieri di Brescia dove consegue il diploma di maturità
artistica successivamente frequenta il Biennio di Pittura a Milano presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Nell’ottobre 2007 inizia il suo percorso triennale alla Accademia di Belle Arti di Venezia con il professor Carlo
Di Raco e si laurea in pittura nel febbraio 2011 con la tesi “Le gemelle diverse”.