Gabriel Angel è un costruttore poetico di storie, un indagatore della mitologia che utilizza il colore, le forme e l’iconografia pop per rappresentare la psiche umana.
La sua ricerca parte da diverse fonti attraverso vari archivi e gli permette di creare relazioni, connessioni e stratificazioni in un dialogo metaforico tra le immagini della cultura popolare contemporanea colombiana con l’iconografia classica e mitologica.
Il particolare modo di disporre le immagini nello spazio, nell’acqua o nei pattern crea un’atmosfera visiva, in cui gli oggetti e i processi plastici come fotografie, video e dipinti, acquistano forza e danno vita a un’opera aperta e complessa.
Ci siamo immersi nel suo mondo pittorico tra mito, rituali atavici, corpi iperstimolati, turisti e salvagenti.
LA COVER
L’INTERVISTA
Descrivi che sei interessato alle caratteristiche rituali, gestuali e schematiche che abitano nella psiche e che ti interroghi sui possibili significati mitologici e sui loro modi di attualizzarsi nella vita quotidiana. Da dove nasce questa ricerca e attenzione?
Esatto, innanzitutto credo che un’immagine sia composta da questi elementi, schema, gesto e rito, questi elementi costituiscono una grammatica che è il linguaggio dell’immagine e ogni artista usa e configura il proprio linguaggio in base ai propri interessi. Nel mio lavoro sono interessato a creare nuove narrazioni su storie già costituite come quelle mitologiche, mi approprio di elementi iconografici di quelle storie per creare nuove realtà legate alla mia vita quotidiana.
Nella tua serie intitolata Pool è il colore che avvolge e scandisce gli elementi che nuotano in queste atmosfere quasi surreale. Chi sono i personaggi che affollano le tue piscine e cosa ci vogliono raccontare?
Nel progetto Pool mi interessa creare orizzonti che coinvolgano tempi, contesti e geografie diverse; in questi dipinti si incrociano nuotatori, turisti, figure mitologiche ed altri… Tutti coesistono nello stesso spazio pittorico, in un paesaggio minimalista che ci mostra i rituali atavici e intuitivi che ci rendono umani e che non hanno una temporalità specifica ma piuttosto ciclica. Le terme come sana pratica sociale.
L’acqua è un elemento spesso presente nelle tue opere. Cosa rappresenta per te e quale è l’elemento creativo dell’acqua?
Sì, l’elemento dell’acqua è una risorsa vitale, un elemento fertile, materno ma nella grammatica del mio lavoro ha un’origine traumatica, deriva dalla ricerca e dalle indagini psicoanalitiche della mia infanzia. Da bambino in diverse occasioni ho avuto esperienze vicine alla morte, ricordo la sensazione di angoscia di annegare perché non sapevo
nuotare, questi sono stati gli elementi originari di questo progetto. Mi interessa usare l’immagine per elaborare situazioni che possono essere traumatiche, portandole ad un altro livello di relazione, anche per superare e guarire questi traumi.
Nella serie Leda y el Cisne, ti addentri nelle tematiche del desiderio e su cosa sia l’erotismo viaggiando dal passato fino ad arrivare alle immagini iperstimolate e ipersessualizzate dei nostri giorni. Quale è la tua visione di questi temi?
Siamo in un’epoca di sovra stimolazione e di iperconsumo di immagini, i social network e i dispositivi digitali di diffusione delle immagini sono sovrabbondanti e questo consumo è perfettamente normalizzato, il consumo del corpo è il tema che voglio mettere in evidenza, poiché c’è una costante sessualizzazione dell’immagine del corpo che è stata presente anche nella storia dell’arte.
Mi interessa sottolineare la presenza di questo fenomeno in tutte le immagini che ci accompagnano da sempre e riflettere se questi elementi erotici, sessuali e pornografici abbiano a che fare solo con un periodo specifico e quale sguardo sia stato dato a ciascuno di questi paradigmi.
Mi affascina il movimento che l’immagine ha avuto sul corpo e la perdita del sacro a favore di un’immagine secolare, morbosa e volgare.Da un corpo sacro a un corpo consumabile.
Nel tuo lavoro c’è una attenzione ai temi ambientali, come la questione del consumare consapevolmente, riutilizzare e riciclare come rappresenti queste tematiche?
Credo che l’opera d’arte porti con sé un aspetto etico implicito, cioè la possibile riflessione che un’opera d’arte può produrre porta in sé una posizione etica nel suo contesto, quindi è pertinente in questo momento formulare queste posizioni critiche sull’uso che si fa del pianeta, nel mio lavoro cerco che questo avvenga in modo organico. L’uso come sopporto delle tende da doccia per i miei dipinti, porta già con sé questo concetto.
Il progetto Cortinas de baño è nato dall’indagine sulle terme e sui contesti popolari, è stato lì che ho scoperto il meccanismo visivo di queste immagini, dipingere corpi e storie mitologiche su un supporto comune e diffuso, una tenda da doccia, per vedere il potenziale di un’immagine su un materiale o un oggetto quotidiano. In un altro progetto da me realizzato legato ai giornali accade qualcosa di simile, la trasformazione della materia come modo di pensare e di operare plasticamente, il riciclo come metodo di creazione.
I colori e le varie cromie dei tuoi lavori rappresentano una parte importantissima della tua arte. Come scegli l’uso del colore?
Per me il colore è una dimensione magica della percezione, i fenomeni della luce e l’interpretazione di questi fenomeni da parte del nostro apparato sensibile è un processo incredibile, totalmente magico. Mi interessa la sensazione che il colore può generare, la capacità di rafforzare un’idea, di creare atmosfere e di esaltare un’immagine da parte di altri sensi oltre a quello visivo, dargli la capacità di aggettivo, emozione o sentimento a un colore è qualcosa di quasi metafisico.
Che colore rappresenterebbe la tua vita in questo periodo?
Amo il colore nero, la sintesi di tutti i pigmenti, il nero cromatico, l’ombra, pero adesso mi sto avvicinando molto ai colori oro, argento e viola per il loro simbolismo spirituale/materiale.
Nina Simone diceva che è un dovere di un artista riflettere i suoi tempi. Con i tuoi dipinti cerchi di rappresentare lo stato del pianeta?
È inevitabile che le immagini parlino del loro tempo, anche se si cerca di riferirsi ad altre temporalità, le cause e le condizioni del momento parleranno sempre del loro tempo di concezione. Un artista evidenzia nel suo lavoro la sua esperienza di vita, quindi queste immagini sono contemporanee, la domanda è in quali indizi sensibili offrono le sue immagini, qual è il potenziale simbolico delle sue immagini? in che modo influenzano le percezioni sensoriali dello spettatore? come elabora poeticamente e formalmente gli elementi del suo linguaggio? quale apparato critico offre sulla realtà? In sintesi, credo che le immagini o le opere d’arte debbano offrire un orientamento in questo mondo in cui ci troviamo persi; è una luce in una valle di ombre.
Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Può il tecnicismo superare la creatività?
L’intelligenza artificiale, a mio avviso, è una risorsa interessante nella concezione dell’immagine contemporanea, per ora rimane uno strumento utile, il tempo mostrerà le possibilità di questa risorsa. Questa tecnologia permette di esplorare ed elaborare immediatamente nuove forme di creazione basate sul linguaggio già creato, per ora
non ci resta che aspettare la raffinatezza tecnica e la sensibilità intuitiva che vi si può sviluppare.
Potresti elencare i tuoi cinque artisti preferiti di tutti i tempi?
Mmm, molti, ma in questo momento direi: Giotto, El bosco, Sigmar Polke, Neo Rauch e Jodoroswky.
Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E l’ultima?
Ricordo molto bene la prima mostra che ha avuto un impatto su di me ai tempi dell’università, nel mio primo semestre di arti visive andai a vedere la mostra individuale di Oscar Muñoz nel museo del Banco de la Republica de Bogotá. La mostra si intitolava “Protografías” e per me, giovane artista, la potenza delle sue immagini fu di grande ispirazione e impatto e come in modo semplice ma forte riuscì a colpire la sensibilità collettiva, denunciando e facendo commenti terribilmente critici e poetici sulla società colombiana.
L’ultima mostra importante, che non ho avuto la fortuna di visitare fisicamente, ma che diversi colleghi in Europa hanno visitato, è la mostra su commissione di Anselm Kieffer a Palazzo Ducale a Venezia, dove le opere di Kieffer sono installate sopra i dipinti e le opere incenerite a causa di un incendio nel palazzo, creando una nuova narrazione, una meta-narrazione storica, politica e poetica.
Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? E soprattutto, cosa hai fatto?
Quest’anno ho iniziato le lezioni di ceramica con un grande amico e insegnante Gabriel Siva, da quando l’ho conosciuto all’università era un proposito in sospeso. Adesso sto lavorando a un progetto sulle anfore greche che intendo realizzare nel suo laboratorio di ceramica.
Cosa c’è nel tuo studio? Hai dipinti, sculture, piante, tecnologia?
Lo studio di ogni artista è uno spazio unico e magico, un sistema vivente composto da simboli, schemi, gesti e rituali. Immagini di potenziali processi aperti, incompiuti, non finiti, abbandonati… Il mio nuovo studio è una casa molto bella in stile architettonico inglese, con un bel giardino che stimola la socializzazione. Ora sono molto interessato al giardinaggio e alle piante che popolano lo studio, sto anche facendo collezioni di maschere, africane, thailandesi e precolombiane. Sento il laboratorio come un archivio aperto, tassonomie, gruppi di collezioni come giocattoli antichi, calchi in gesso che sono repliche di sculture europee, ecc… Sono tutti questi elementi che costituiscono un immaginario creativo, uno spazio di lavoro senza tempo con una grande ricchezza e sensibilità.
Ti piacerebbe esporre in Italia? Come ti immagineresti un tuo solo show?
Mi piacerebbe molto, credo che i primi passi che un artista emergente dovrebbe fare siano quelli di rendere il proprio lavoro il più visibile possibile. Quest’anno avrò la mia prima mostra in Europa, parteciperò alla fiera Affordable di Stoccolma con la galleria che mi rappresenta in Colombia “Culto Gallery” sotto la direzione di una grande manager, Melissa Hernandez. Credo molto nei progetti di scambio culturale come A+D diretto da Norma Márquez, una bella opportunità di arricchimento e di esplorazione del mondo artistico latinoamericano in Europa. Per me sarebbe un onore poter condividere un po’ del mio sensibile pensiero nel bellissimo contesto italiano.
Se fossi il direttore di una rivista d’arte, chi vorresti che comparisse in copertina? E perché?
Personalmente amo le piattaforme per la diffusione dell’arte, un progetto che ho seguito molto è stato Toilet paper magazine di Cattelan, una proposta artistica molto irriverente, d’altra parte ritengo di vitale importanza avere una sana critica dello stato attuale dell’arte contemporanea al di là dell’informazione, per generare un dialogo e un
dibattito che arricchisca l’ecosistema della diffusione. Mi piacerebbe vedere questo in una copertina, immagini forti, che colpiscano la sensibilità dello spettatore in modo diretto.
L’ARTISTA
Gabriel Angel è un artista interdisciplinare nato a Bogotà-Colombia, nel 1992, laureato in arti plastiche presso L’Università Jorge Tadeo Lozano (2019), master in arti plastiche e visuali presso L’Università Nacional de Colombia (2023). Si è formato in disegno e pittura in diversi laboratori di Bogotà come: Taller 301, Blank Atelier 301 e il laboratorio dell’artista Gabriel Silva.
Attualmente lavora come docente nella Università Jorge Tadeo Lozano ed è il fondatore del collettivo artistico Caja Negra, un laboratorio di creazione artistica dove collaborano diversi artisti e creativi.
LA CURATRICE
Norma Márquez è un’Interior Designer, Visual Merchandiser e Visual Curator, residente a Milano da 5 anni, città in cui ha svolto parte dei suoi studi di design.
Svolge la sua attività come creativa multidisciplinare, perché considera che ogni disciplina dell’arte e del design crea un punto di connessione per comunicare progetti innovativi.
Contemporaneamente alla sua attività come designer è la fondatrice dell’iniziativa culturale A+D, progetto che promuove giovani artisti e designer emergenti latinoamericani in Italia.
L’iniziativa di promuovere artisti e designer latinoamericani, nasce dal vincolo familiare che ha sempre avuto con l’arte e dal suo profondo interesse di intrecciare la ricchezza storica e culturale di un paese come l’Italia e il meraviglioso capitale umano di giovani talenti rispondendo alla necessità di divulgare i progetti di artisti e designer emergenti
latinoamericani.
La sua attività lavorativa si svolge tra Bogotá e Milano, il che le ha permesso di collegare il
capitale umano, professionale, intellettuale e artistico di due diverse culture.
LA GALLERY
WEB & SOCIAL
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