Il Padiglione Argentina presenta “Ojalá se derrumben las puertas [Hope the Doors Collapse]”, una nuova serie di opere scultorea dell’artista argentina Luciana Lamothe.
Le quattro sculture che compongono l’installazione si rivolgono agli oggetti (umani, infrastrutturali, industriali e “naturali”), alle loro potenzialità latenti e al campo spaziale in cui esistono per testare alternative alle loro forme familiari di interazione.
Per fare ciò, Lamothe offre una serie specifica di strumenti e prospettive che ci consentono di osservare, rappresentare e analizzare il nostro ambiente costruito e le strutture che gli esseri umani hanno progettato o occupato nel tempo.
I suoi sistemi di impalcature e compensato fenolico si infiltrano nell’architettura e nelle forme infrastrutturali per rivelare gli strati di tecno-trame, informazioni, storia e relazioni che compongono i loro corpi quasi industriali e quasi naturali. Mostrando le viscere smantellate delle nostre costruzioni e ricomponendole in nuove e inaspettate formulazioni spaziali, Ojalá se derrumben las puertas insiste sulla possibilità di apportare cambiamenti al nostro ambiente costruito e quindi anche alle reti di relazioni e interazioni che modellano il mondo.
Se i primi lavori dell’artista mettono a dura prova i materiali fino al punto di confondere i confini tra flessibilità e rigidità, morbidezza e durezza, industriale e naturale, Ojalá se derrumben las puertas porta queste dualità in un territorio radicale. Stabilisce una relazione affettiva con il mondo materiale per suggerire una potenziale forma di vivere, pensare e sentire. L’opera pone la materia come principio del reale e orizzonte comune di tutto ciò che esiste per provocare una serie di spostamenti nei sistemi costruttivi e nelle relazioni che costruiamo con il nostro ambiente e tra di noi. Alla ricerca di queste nuove forme e sensibilità, l’artista amplia le sue precedenti indagini sulle funzioni, i limiti e il potenziale dei materiali e le loro interazioni con l’architettura con l’obiettivo di sovvertire alcuni dei suoi imperativi e usi tradizionali. L’opera, un groviglio di acciaio e legno, posiziona quindi il visitatore in un ambiente le cui forze manifestano la propria azione ed erodono l’ontologia antropocentrica della modernità.
La meticolosa manipolazione del mondo materiale da parte di Lamothe combina elementi e sequenze di reazioni, pesi e contrappesi, invocando alleanze più che umane e un’alchimia spaziale che generano nuove possibilità formali, estetiche e affettive per i corpi e gli oggetti che contengono. Crea spazi indisciplinati che si oppongono non solo alle forme costruttive della modernità ma si ribellano anche alla violenza che sottopone territori e corpi umani e non umani a un sistema di sfruttamento estrattivista. Ogni scultura funziona come uno spazio avvolgente e abitabile che suggerisce altri modi di concepire il nostro rapporto con il mondo. Allo stesso tempo contengono forme di cura e violenza che si manifestano nei tagli, negli incastri, negli assemblaggi e nelle torsioni essenziali affinché l’opera mantenga la sua forma: una serie di ferite e suture che riconoscono il peso di secoli di conflitti sociali, spaziali e condizionamento materiale su corpi umani e non umani.
Interamente realizzate nel padiglione, le strutture manipolano impalcature di ferro e assi di compensato in curve e controcurve e, nei loro interstizi, ospitano una serie di oggetti che incarnano le diverse fasi della vita del legno: dalla sua origine, attraverso la sua estrazione come materiale risorsa mercificata e la sua industrializzazione, fino al suo smaltimento come rifiuto organico o industriale. L’opera riunisce materiali industriali e altri raccolti da aree vicine, come laboratori locali e un piccolo bosco in Slovenia. Riutilizza anche i materiali raccolti durante lo smontaggio dell’ultima Biennale di Architettura. Questo approccio ai materiali, che Lamothe chiama “monomaterialità”, ci costringe a prestare un’attenzione insolita sia alle strutture che ai materiali, a sperimentarli come parte di un sistema di supporto di sussistenze interconnesse e a stabilire una relazione sensuale e affettiva con i materiali.
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Luciana Lamothe
Ojalá se derrumben las puertas
Argentinian Pavilion at the Venice Biennale
Arsenale Artiglierie
Sito web ufficiale della Biennale Arte 2024: www.labiennale.org
Hashtag ufficiali: #BiennaleArte2024 #StranieriOvunque #ForeignersEverywhere
ph: Andrea Avezzù