Un viaggio sensoriale tra l’odore dell’industria e la sacralità degli spazi storici, dove Simone Chiovitti ed Ester Grossi esplorano il confine tra profumi urbani e atmosfere contemplative. Un dialogo che mescola memoria, sensazioni e spazi, tra passato industriale e presente spirituale.

Simone: A vedere le rovine dell’evo industriale made in Nord Ovest mi sento come Piranesi davanti ai capitelli della città eterna, io satiro sui comignoli di una Roma minore, precaria.
Dove c’era un arco di trionfo io vedo un cavalcavia, dove c’era una cupola io vedo una casa popolare, dove stava l’anima immortale di un imperatore io vedo mille sindaci inetti soffrire nell’inferno umido di questa pianura.
Il vento viene a bussare sulla schiena. Più di venti volte venti mi tocca. Compone una melodia suonando lo xilofono verticale della mia spina, ormai impronta fossile adagiata sul divano, mia alcova di forestiero in foresteria.
Stacco il caricatore dalla parete e prendo al volo una birra. Spina su spina su spina. La mia borsa da weekend in pelle pesa sul braccio, che si distende un po’ infastidito accanto alla schiena fantasma, arto per arte.
È ora di partire. Vado a partorire il venerdì sera e qui c’è nebbia.
Mi sono lasciato indietro il sonno sbuffante dell’acciaieria e il carillon dalla melodia friggente della centrale elettrica…
chi va via da sé, come me, lo fa per fulmini e saette. In carrozza siamo in tre e io ho voglia di mozzarella.
Torno a casa.
Un viaggio breve che dura anni luce dalla provincia industriale alla metropoli post-umana.
Mi siedo nell’odore delle rotaie e mi perdo nel niente vago dei vagoni.
Accendo una sigaretta ad una persona anziana. Mi ringrazia, gli rispondo “di niente”, “de Rien”, da diligente rappresentante del Libero Stato d’Arancia. Perché questo è il profumo che indosso.

Sa del niente che ti sorride al mattino appena sveglio in una fabbrica, quella in cui vivo, il sali e scendi nevrotico, nudo e autoerotico dei pistoni e dei tappeti vibranti sedotti e abbandonati dallo zucchero e dal cacao. Questo è quello che ho in mente, non mento. Meccanica sinfonia per un eterno arrivederci.
Olio di motore e lecitine vegetali che si amalgamano all’unisono in un rituale industriale.
Emulsione celeste della reliquia santa palatale, golosamente profonda. Incensi solenni a celebrare la mia Madonna meccanica. Incensi intensi. Polvere, matite temperate, temperatrici e orgasmi di bambini divini, corpi santi venuti da plastici coiti, metallici spasmi, baci di cioccolato e di dama. Io faccio le merendine.
Sì io faccio le merendine, le penso, le sogno e le realizzo. Ve le vendo.
Porto con me il profumo di vaniglia. Ora siete iniziati e benedetti con due gocce di Shalimar. Elisir di vita eterna di Guerlain, tra i macarons delle vetrine degli Champs Elysees che stringono le papille gustative.

Io Cardinale rosso di vergogna al cospetto dell’incenso di Heeley, celebro la messa cerebrale in Santa Maria del Cavo orale, elettrico e eclettico santuario della pasticceria industriale.

Che pasticcio. Mi lascio alle spalle lo stabilimento che mi rende instabile, l’area di opificio, non opus magnum, ma da cui magno, mentre l’aria intorno si fa operosa. Ed eccola l’opera mia che si specchia nella toilette di un treno regionale.
La mia Via Giulia su rotaia, la mia mobile resistenza poco ortodossa, non certo residenza papale.
Sono arrivato in stazione, centrato in un luogo centrale. Buona merenda, sono le cinque e vi lascio con la mia dolcezza. Do precedenza al mio tea, lungo la via della sete il semaforo è verde come sempre.
Ester: La strada che percorro ogni giorno per andare in studio è una costellazione olfattiva.
Umidità, molta (anche qui), odori metallici dai cantieri stradali, pietanze variegate sui tavolini che costeggiano i lunghi porticati, traffico brulicante. Ed infine la strada dello shopping veloce e un po’ bulimico e poi zig-zag tra trolley, turisti, partenze e arrivi e ancora cantieri metallici, un tocco di pneumatici e caffè nell’aria.
Svolto l’angolo e l’atmosfera si fa subito più morbida. Il giardino esterno sempre verde e la grande porta di Palazzo Boncompagni, dimora storica dove nacque Papa Gregorio XIII, il papa del tempo moderno. L’elegante loggiato cinquecentesco, le variopinte grottesche custodite nella sala delle udienze papali, le colonne ricamate vorticose e sensuali, vari draghi alati d’oro recisi su rosso, il cortile interno con la sua magnolia secolarmente sapiente e la hitchockiana scala elicoidale del Vignola. Un’atmosfera decorata stile incenso Kindom of a Dreams.

Una piccola scala ed entro in studio, un utero cinquecentesco il cui spazio è ritmato da volte eroticissime. L’odore dei colori acrilici lo invade e la fluorescenza dei rossi e dei magenta dipinti su tele minimali ipnotizza gli occhi.
A volte sento immediatamente l’odore dell’acqua colorata di acrilico che resta per giorni nei barattoli.

Forme geometriche, linee rette, architetture fluo e ritratti senza volti mi circondano e scandiscono le mie ore di lavoro, in un’atmosfera senza tempo, vuota come i dieci giorni mai esistiti che Papa Gregorio XIII da bravo sartore, nella taglia e cuci per creare il suo calendario nel 1582, tagliò dalla storia dell’uomo. In quell’anno, infatti, si andò a dormire il 4 ottobre per risvegliarsi all’alba del 15 ottobre. Ci penso spesso, è il fascino del massimo potere papale.

Il pennello che dipinge linee precisissime e sfuma lentamente campiture acquose di colore elettrico, si accorda con le note della musica minimale che ascolto di sottofondo che da un ritmo meditativo al mio lavoro.

Bowmakers Eau de Parfum. Un po’ come l’odore pieno che invade lo studio quando spruzzo la vernice finale su tela.

Non so se siano ormai le 20 o le 22, ma il sole è tramontato da un po’ e fuori c’è buio.
Quando apro la porta del mio studio la magnolia gigante mi aspetta e mi saluta, intorno c’è il silenzio degli uffici vuoti. Percorro il loggiato nelle ore spente, un privilegio.
Chiudo il portone alle mie spalle e di colpo torna il tempo reale con tutti i suoi odori cittadini.

PS. un ringraziamento affettuoso al mio amico Roberto e alla Antica Profumeria al Sacro Cuore di Bologna per gli odorosi consigli.
Testo di Simone Chiovitti ed Ester Grossi