Inaugurata il 12 ottobre a Lucca, Giungla. Nel grembo dell’Orto, in ascolto. L’opera visivo-sonora si chiama mur/mur. Tutto attorno, i sotterranei delle Mura si esprimono in organismi alieni e seducenti.
Anche questi esseri ascoltano, come facciamo noi. Perciò ci affascinano: c’è qualcosa che intriga in colui che ascolta in silenzio. Il tempo, frattanto, ha reso il ventre delle Mura affine alle caverne.
Seduti di fronte a noi, i cinque componenti della Disfónia Ensemble (Carlo Piva, che è il compositore, Marco Bonato, Doriana De Luca, Francesca Renzi ed Elizabeth Reolid Felipe) saturano l’aria dei loro suoni, bisbigliando una lingua che si ispira a quella di Cage e Stockhausen: chitarre titillate appena, poco più che un sospiro ad alimentare il flauto e il clarinetto.
Tra le mani di questi musicisti trascorrono campane tibetane, bottiglie, spiegazzamento di carte. Tra i loro accordi entropici, le forme di Elisa Muliere compongono la propria identità: la Platycerium grava dal soffitto con la sua massa di stoffe annodate, repellente e attraente incrocio tra una medusa delle profondità e un fungo sradicato. Più in là, le radici periscopiche del Taxodium, riprodotte in panno lenci e materiale di riuso, emergono in fila dal terreno come dalla gola del lago dell’Orto. Le accompagna una partitura tesa, dai bassi imprevedibili, in agguato.
Nella cultura degli amerindi, ci è stato raccontato, sono le custodi delle anime dei morti. È dunque morte, questo canto?
Ogni pianta ha difatti la propria voce, che si ripete in loop da un paio di cuffie. E no, non ci riesce di pensare alla morte, ma all’eterno mescolamento. Ecco l’Euphorbia Tirucalli, “ad ogni estremità, una scintilla” scrive Muliere, che l’ha ritratta in un’efflorescenza di stoffa pelosa e catarifrangente, i bulbi glitterati che occhieggiano nel buio e una serpeggiante volontà di toccarla e leccarla, come una scultura Pop.
Luminescenza che, simile a quella dei pesci abissali, è potenziale fautrice di veleno – la linfa dell’Euphorbia è tossica. Il diffondersi di una sorta di anima è poi qualcosa che si ripete nelle opere di quest’artista polimaterica bolognese, i cui corpi sfumano spesso in masse cromatiche o informi, assumendo la natura di ectoplasmi, di puri grovigli di sentimento. Sensibilità che forse le deriva dagli oggetti epifanici di Concetto Pozzati, che le fu maestro. Intanto gli spartiti dei Disfónia, opere d’arte di per sé, si accordano a queste personalità inaspettate, suggerite dal Giardino e dagli erbari della Collezione Bicchi.
Classificazioni e nomenclature rigettate quasi subito, in virtù di una conoscenza più segreta, mormorata (o”mur/murata”): Prima del nome c’è sempre una storia. E prima della storia, un’incantata contemplazione.
Gli artisti hanno così concepito un erbario espanso, in continuità con gli esemplari dell’Orto.
Germinato idealmente dai semi della Lunaria – quelle “monete del papa” che si dispongono casualmente, simili a partiture musicali – questa natura artificiale si compone a livello ipogeo, come un profondo doppelgänger. Una giungla che sa essere madre e assassina e che rivendica, attraverso code brulicanti e strascichi di suono, la sua onnipresenza.
Poco distante, al limitare della caverna, la ragazza De’ Coltelli serve quattro gusti di gelato, tutti vegetali, “botanici”.
È stato un bel pomeriggio.
INFO
Giungla
da giovedì 12 a domenica 15 ottobre
Lucca
foto di Melanie Angeloni